Aurora: Un Mucchio Di Soldi (Cap. 3)

CAPITOLO 3 – UN MUCCHIO DI SOLDI

La signora Ida fissa con sgomento la ragazzina davanti e si chiede se sia veramente la stessa che aveva aiutato poco prima. Non riesce a credere che sia una delinquente, complice di quel farabutto di un salutista che stava minacciando la povera Gloria con un coltello. Se l’uomo è suo padre, allora la giovane creatura aveva un destino segnato.

Se lo sentiva, qualcosa glielo aveva suggerito subito non appena lo aveva visto. Avrebbe dovuto sospettarlo sin da quando quel farabutto le aveva sorriso dall’altro capo del bancone, perché tutti quelli come lui sono dei delinquenti mascherati dai loro ideali rivoluzionari e reazionari.

“Signora” la richiama la ragazzina dal bancone su cui era salita facendola trasalire, “Voglio il suo telefonino”.

“Aurora” fa il Tetto, “Puoi prendere tutti i telefonini che vuoi al reparto tecnologico”.

“No, voglio quello!”.

Gloria, nel frattempo, si dimena ancora gridando.

“Mi stai facendo innervosire” le sibila il Tetto all’orecchio cercando d’intimorirla, ma la ragazza non lo ascolta.

Infastidita, Aurora scende nervosamente dal bancone e le si avvicina con impeto.

“Smettila!” grida e le graffia il braccio nudo esposto.

“Aurora!” urla il Tetto e la ragazzina si ritira imbronciata.

Gloria finisce di dimenarsi e fissa la ragazzina tra lo sgomento degli altri clienti che assistono alla scena in silenzio.

“Attenzione prego” irrompe la voce del Pastore all’altoparlante, “Vi annuncio che c’è una rapina in corso”.

La voce si interrompe e si sentono degli accenni di risa.

“Probabilmente non tutti i presenti sono al reparto salumi” continua la voce, “E sarebbe un vero dispiacere se io o uno dei miei amici lo beccassimo da qualche altra parte, non trovate? Ovviamente questo non vale per quelli alle casse. Lì c’è una festa privata”. La voce si interrompe per nuove risa.

“Inviterei comunque i miei amici a portare i loro ospiti qui se non gli dispiace, così ci divertiamo insieme, che dite?”.

“Avete sentito?” fa il Tetto, “Tutti al reparto salumi!”.

“Sei da solo, credi di poterci tenera a bada tutti con quel coltello?” gli chiede improvvisamente un uomo facendosi avanti dalla fila alle casse, mentre la moglie cerca di trattenerlo invano. È grosso abbastanza da sopraffarlo fisicamente e in lui si legge la convinzione di poterlo disarmare godendo dell’appoggio degli altri clienti.

“Probabilmente no” risponde il Tetto sicuro e senza scomporsi, “Ma vuoi rischiare? Ti senti così coraggioso? O pensi che la presenza di bambini possa trattenermi?”.

L’uomo fissa i bambini alle casse che lo guardano intimorito dai fianchi dei loro genitori a cui si aggrappano. Alcuni hanno capito in che situazione si trovano e i loro occhi sono lucidi di lacrime trattenute, altri, irrequieti, vengono tenuti difficilmente a bada.

“La prima cosa che farò” aggiunge il Tetto calmo attirando l’attenzione dell’uomo, “Dopo averti immobilizzato, ovviamente, è farti vedere come li uccido. Così morirai con la certezza di esserne stato la causa” e gli sorride.

Alcuni clienti cominciano a mormorare delle proteste e intimano all’uomo di tirarsi indietro, gli dicono che è solo una rapina e che li lasciasse fare, perché se ne sarebbero andati dopo. L’uomo fissa allora la ragazzina che il malvivente aveva chiamato Aurora e nota che non è più imbronciata, ma lo sta fissando.

“Vuoi usare me?” sussurra Aurora avvicinandosi, “Prendimi pure. Ma ti avviso, i miei padri sono molto protettivi e non so se te la farebbero passare liscia”.

La moglie dell’uomo, in lacrime e senza dire nulla, lo tira via e lui si lascia portare.

Poco dopo, tutti quelli che erano alle casse li seguono al reparto salumi.

 

 

 

Mr.P e Papà Nino entrano nella stanza degli addetti alle pulizie che si trova oltre la porta della sala controllo del Centro Commerciale. È un locale piccolo e ben tenuto, pregno dell’odore dei detergenti e dei prodotti usati per pulire.

Ci sono carrelli allineati a una parete e a armadietti con le tute e gli accessori del personale delle pulizie.

Un posto piccolo per un grande servizio.

Il Centro Commerciale Emiliano non è come tutti quelli del suo genere, ma un piccolo insediamento commerciale all’interno della periferia romana, situato in un’area ben collegata e dotato di un ampio parcheggio non custodito.

È il posto ideale per chi non vuole perdersi nei grandi Centri Commerciali. Piccola realtà, grande servizio erano invece le carte vincenti di Gianluca Emiliano, direttore e proprietario del Centro Commerciale Emiliano. L’uomo, per garantirsi quell’attività, aveva dovuto bussare a certe porte ricevendo in cambio certe proposte. Una in particolare non l’aveva potuta rifiutare. Consisteva nel offrire uno spazio a certe persone che gestivano certi affari. In pratica, si trattava di riciclaggio di soldi rubati, custoditi e nascosti nel suo piccolo impero per essere destinati altrove.

Il locale degli addetti alle pulizie è l’ingresso a questa realtà che solo pochi conoscevano, perciò, quando Mr.P e Papà Nino spostano gli armadietti numero sei e sette, lo stupore non li prende affatto.

“Bingo” esclama senza emozione Papà Nino fissando la porta davanti e tende la mano per farsi consegnare la chiave elettronica che Mr.P gli dà dettandogli anche la combinazione.

“Come fai a memorizzare tutti questi numeri?” gli chiede incuriosito quando la porta si apre, “Io dovrei segnarmeli da qualche parte. Non sono mai stato bravo con i numeri”.

“Per questo hai bisogno di me” fa con un’alzata di spalle l’altro e comincia a scendere le scale oltre la porta dopo aver acceso le luci facendo scattare un interruttore sulla destra dell’ingresso.

 

 

 

“Abbiamo ospiti” borbotta il Mast, “E copri bene quel sangue che è rimasto, cazzo, ci sono dei ragazzini”.

I clienti che erano alle casse arrivano mesti al reparto salumi e vengono fatti accomodare alla meglio sul pavimento insieme agli altri che erano stati radunati precedentemente. Gli addetti alla sicurezza sono stati rinchiusi in una delle celle frigorifere e il sangue che si sono lasciati dietro pulito alla meglio e coperto con della merce.

“Guarda chi sta arrivando” dice il Nonno coprendo l’ultima scia di sangue con dei cartoni di birra e la piccola Aurora gli va incontro sorridendogli apertamente, poi mette subito il broncio.

“Che c’è piccola?” gli chiede l’uomo abbassandosi, ma la ragazzina non parla mettendosi in un angolo lontano.

“Ho dato un’occhiata in giro e non ho visto nessuno mentre venivamo…Che c’è?” dice il Tetto.

“Dimmi perché è arrabbiata”.

“L’ho sgridata perché ha graffiato una cassiera”.

Il Nonno si volta verso la ragazzina, quindi si rivolge di nuovo al Tetto, “Avrà avuto i suoi buoni motivi”.

“Non cominciare! È colpa tua se non la si riesce a controllare, non le dai l’educazione giusta!”.

“Ma che cazzo dici! Non accetto la predica da uno che passa ore seduto con i coglioni incrociati!”.

“Che faccio io?”.

“Hai sentito bene! Passi più tempo a intrecciarti i coglioni in quelle assurde posizioni da yogurt che con lei!”.

“Si dice yoga” commenta il Mast con uno sbuffo.

“So bene come si dice!” gli urla il Nonno, “Era una battuta sarcastica la mia, la capisci o ti devo spiegare il termine?”.

“E da quando riesci a spiegare quello che blateri, l’unica cosa che sai fare è torturare le persone e quello non è per niente sarcastico” risponde il Mast agitando una mano.

“Vaffanculo, ok?” dice il Nonno, “Vaffanculo tu e lui!” aggiunge puntando il dito sul Tetto, “Nessuno di voi due può dirmi come comportarmi con mia figlia, va bene?”.

“Io non ti sto dicendo un cazzo!” sbotta il Mast.

“Tua figlia?” esclama il Tetto, “E da quando è diventata tua figlia?”.

“Da quando me ne sono occupato! Dal giorno in cui l’abbiamo salvata mi sono preso cura di lei, va bene?”.

“Ce ne siamo occupati tutti noi, non hai nessun diritto…” comincia il Tetto, ma il Nonno lo afferra per la maglietta.

“Ho tutti i diritti del cazzo!” gli ringhia in faccia, “Ho più diritti di voi stronzi, è chiaro?”.

“Mettilo giù” dice il Mast puntandogli la pistola, “Adesso stai esagerando”.

Il Nonno lascia andare il Tetto e arma la sua pistola contro il Mast, “Mettila giù tu, stronzo!”.

I clienti assiepati nello spazio antistante i banconi dei salumi assistono alla scena con crescente terrore.

Molti dei bambini presenti cominciano a piangere e a loro ben presto si associano le voci disperate delle madri che cercano di consolarli invano. Qualche anziano cliente cerca cautamente di portare alla calma i due malviventi, ma nessuno dei due ascolta, continuando a fissarsi minacciosi senza muoversi finché il Tetto, esasperato, afferra il coltello con il quale aveva minacciato la cassiera e si porta alle spalle del Nonno.

“Basta” dice mettendogli la lama al collo, “Siamo qui per lavorare, smettiamola”.

“Ehi, teste di cazzo?” li richiama il Pastore e loro si voltano lentamente nella sua direzione.

L’uomo era tornato da una breve escursione negli altri reparti del Centro Commerciale e aveva incrociato la piccola Aurora che si era messa in disparte a smaltire la sua infantile collera. Quando i tre avevano cominciato a litigare, lei, allarmata dalle loro grida, era tornata indietro e aveva assistito al battibecco. Non era la prima volta che li vedeva litigare, a volte era anche divertente, ma quella le sembrava la prima volta che lo facessero seriamente. Aveva assistito spesso alle loro imbeccate e ci si era abituata non come un figlio si abitua a vedere i suoi genitori litigare, piuttosto come una sorella che vede i suoi fratelli più grandi litigare per un giocattolo. Prima o poi trovano un accordo.

Ma adesso li fissava con occhi pieni di lacrime, silenziosa, mentre il Pastore la teneva per le esile spalle e li ammoniva con il suo sguardo. Lentamente, i tre abbassano le loro armi e si fissano smarriti. In quel momento, uno dei clienti, un ragazzo di appena venti anni, pensa di darsi alla fuga approfittandone e alzandosi con uno scatto comincia a correre imboccando il reparto dei dolci. Pochi secondi dopo il Mast gli è alle costole.

 

 

 

Le scale sembrano arrivare nel cuore stesso della terra e dopo tre rampe, terminano davanti a un’altra porta.

“Cazzo” sibila Papà Nino, “Questa non era prevista”.

Mr.P fissa la porta, “Dove cazzo è la serratura?”.

La porta non ha fessure per schede, non presenta maniglie, ma è evidentemente una porta.

“Forse all’interno” mormora Papà Nino con l’indice della mano destra al naso, quindi poggia un orecchio alla porta.

“Allora?” gli chiede sottovoce Mr.P.

Papà Nino scuote la testa, poi lo lascia ascoltare.

“Nulla” ringhia Mr.P, ma Papà Nino gli dice ancora una volta di non parlare ad alta voce.

Mr.P allarga le braccia senza capire fissando con lui il piccolo atrio in cui si trovano e il corpo scale da cui erano scesi.

Non ci sono sensori, almeno non in apparenza, né telecamere, eppure più si guardano attorno, più sembra che la risposta sia lì, davanti ai loro occhi. L’ambiente che li circonda è fatto di mattoni ben sagomati e puliti come se fossero stati messi in opera in previsione della mancanza d’intonaco di copertura.

“Non trovi che sia stato fatto un bel lavoro di muratura?” gli chiede Papà Nino con un filo di voce.

“Non me ne frega un cazzo” risponde seccato Mr.P ad alta voce e Papà Nino gli intima di nuovo di stare zitto.

Mr.P è esasperato e sta per chiedergli il perché di quell’atteggiamento quando l’altro tira fuori la pistola.

 

 

 

Per il colpo al Centro Commerciale non avevano armi. Il Pastore aveva fatto notare che una rapina senza armi non era tale, ma il Tetto aveva ribattuto che c’erano i metal detector all’ingresso e che comunque le armi le avrebbero potuto recuperare. Il piano era disarmare le cinque guardie della sorveglianza e usare le loro pistole.

“Ti faccio notare” aveva puntualizzato il Pastore, “Che oggi giorno la tecnologia aiuta anche noi stronzi. Possiamo usare armi plastificate che funzionano come quelle vere”.

“Così non è divertente” aveva commentato il Nonno pregustando una rapina all’arma bianca, “E visto che avremo solo cinque pistole, io ve le lascio volentieri”.

“No” aveva ribattuto il Tetto, “Sarò io quello disarmato e se mi servirà un’arma prenderò qualche coltello. Basterà”.

“E da quando decidi tu?” aveva chiesto il Nonno.

“Ha ragione lui” si era intromesso Papà Nino, “Farai meno danni con la pistola”.

Il Nonno gli aveva mostrato il dito medio.

“Non andiamo a rapinare una banca” aveva aggiunto il Tetto, “Ci saranno famiglie che fanno la spesa, cerchiamo di essere professionali. A noi servono i soldi e basta”.

“E se uno di quegli stronzi della sicurezza si mette a fare l’eroe?” gli aveva chiesto il Pastore con un ghigno.

 

 

 

“Se qualcuno fa l’eroe” dice in un sussurro Papà Nino avanzando verso il muro alla sua destra, “Avrà il ben servito”.

Mr.P lo vede avvicinarsi alla parete con discrezione, tastarla e premere in più punti, quindi appoggiarci l’orecchio.

“Ma che cazzo combini” dice sotto voce, quando vede la parete rientrare su se stessa, quindi aprirsi in una porta.

 

 

 

“Dimmi una cosa” chiede il Pastore al direttore, “Il nome Centro Commerciale Emiliano, da dove cazzo arriva?”.

Sono seduti su alcuni scaffali in un angolo del reparto salumi, l’uno di fronte all’altro, come vecchi amici che discutono, mentre gli altri mettono sottochiave i clienti rimasti. A molti capitano i bagni e il Mast fa notare loro quanto fossero fortunati rispetto ad altri. Il ragazzo che aveva tentato la fuga, invece, viene legato a un frigorifero con la minaccia di finirci chiuso dentro se solo si azzarda a riprovarci.

“Io non capifco” borbotta il direttore impaurito e madido di sudore per la tensione.

L’aria condizionata rende il clima estivo del mese, insolitamente afoso, uno sgradevole ricordo, eppure, l’uomo avrebbe dato di tutto in quel momento per stare fuori a sudare piuttosto che lì a rabbrividire. Intuiva che lo scopo dei malviventi fosse il denaro nel cavò e che le persone che gli intimavano ogni giorno di nasconderlo avessero forse trovato chi osava sfidarli, ma nessuno rapinava il Centro Commerciale sperando di farla franca.

Dopo aver assistito all’esecuzione di uno dei suoi addetti alla sicurezza, tuttavia, deve rivedere quella considerazione. È possibile che i malviventi fossero degli sbandati in cerca di generico denaro?

Quando i suoi soci non voluti gli avevano imposto di assumere gli uomini per la sicurezza, lui non aveva detto nulla. Sapeva che avevano tutti la fedina penale sporca, ma paradossalmente, Gianluca Emiliano aveva pensato anche che fossero i più adatti a dissuadere qualsiasi tentativo di rapina. Nessuno lo avrebbe rapinato sapendo a chi apparteneva il denaro che custodiva e gli uomini che lo vigilavano.

“Allora, stronzo?” incalza il Pastore spazientito.

Aurora, seduta vicino a lui, gioca con un i-phone rubato a un cliente.

Dopo la scenata cui aveva assistito tra le lacrime, i tre malviventi l’avevano rassicurata che non l’avrebbero rifatto. Avevano promesso di prendersi cura di lei e di questo doveva esserne sicura.

“Cosa vuoi per perdonarci?” le aveva chiesto il Nonno e lei aveva risposto un i-phone.

“Vado al reparto tec” aveva detto l’uomo, ma lei lo aveva fermato.

“No, ho visto un signore che ce l’ha, voglio il suo”.

“Aurora…” aveva cominciato il Tetto, ma il Nonno lo aveva fulminato con lo sguardo.

“Lo vedi che è come dicevo?” aveva borbottato l’uomo.

“Ho vinto!” grida improvvisamente Aurora facendo trasalire il Pastore e gli mostra il risultato del game sull’ i-phone.

“Brava cara” commenta con un sorriso l’uomo, poi si rivolge di nuovo al direttore, “Sto perdendo la pazienza con te”.

“Il mio nome…il mio cognome…mi chiamo Emiliano…” blatera l’altro sempre più nervoso.

“Dovevo pensarlo!” esclama il Pastore agitando la pistola che ha tra le mani, “Che stronzo. Però non capisco” aggiunge, “Siamo a Roma, giusto? Se chiami questo posto Centro Commerciale Emiliano non ha senso. Lo avrebbe se fosse Centro Commerciale Romano, mi segui? Però dici che è il tuo cognome, allora mi chiedo perché non lo hai chiamato Centro Commerciale di Emiliano?”.

“Io…veramente…”.

“In effetti…” continua il Pastore senza farlo parlare, “Non suona bene. Però Emiliano a me fa anche pensare che ci siano prodotti tipici, qualcosa del genere, mi segui? Invece qui c’è la stessa fottuta roba che si trova negli altri Centri Commerciali, o mi sbaglio?”.

Il direttore non risponde e fissa sgomento lui e la ragazzina al suo fianco: era terribile vederla giocare serenamente al fianco di quel pazzo che farneticava.

“E poi un’altra cosa” fa il Pastore, “Questo cazzo di posto ha un solo ingresso e una sola uscita. Voglio dire, se si esclude l’ingresso posteriore dove fate lo scarico merci e le due porte laterali antincendio, non è poco sicuro?”.

“Io non lo fo” risponde con un filo di voce l’uomo.

“Perché cazzo parli in quel modo?” gli chiede infastidito il Pastore.

“Cofa…io non…la capifco fignore”.

“Ecco, questo!” esclama il Pastore, “Fignore! Come cazzo parli! Si dice Signore!”.

“Fono…ffono” cerca di spiegare l’uomo, ma non ci riesce perché comincia a balbettare.

“Piantala, mi innervosisci!” lo blocca subito l’altro, “Sei più rovinato di quello che pensavo”.

“Sono tutti in gabbia” dice il Nonno sbucando alle sue spalle, “E tu che combini?” chiede ad Aurora.

“Sto vincendo un nuovo game” borbotta concentrata la ragazzina senza guardarlo.

“Gli altri?” chiede il Pastore.

“Sono andati a controllare le uscite e se c’è qualche furbo tra le corsie”.

“Rinchiudi anche questo stronzo” dice il Pastore alzandosi, “Vado a vedere se è rimasto qualcuno nel parcheggio. Potrebbe darci delle rogne”.

“Lì i telefonini non li blocchiamo, vero?” chiede il Nonno.

Il Pastore scuote la testa, “Perciò e meglio che trovino i soldi e si sbrighino”.

 

 

 

Nell’ombra c’è uno stretto corridoio che li porta di nuovo verso la porta senza maniglie, ma su di un fianco dove la maniglia è invece presente.

“Ho capito” fa Mr.P, “È come se fosse un armadio di ferro che è stato girato su se stesso in modo da nascondere la porta, ma che senso ha? E come cazzo facevi a sapere che il muro si sarebbe ritirato?”.

“Quando ti dicevo di stare zitto era perché sentivo un sibilo” gli spiega Papà Nino, “All’inizio credevo fosse una voce, qualcuno nascosto dietro la porta che si apriva dall’interno. Magari era là ad aspettare una parola segreta, qualche stronzata del genere, e se noi non l’avessimo usata non avrebbe mai aperto. Poi ho notato la perfezione di queste mura, insomma, i mattoni sembrano lavorati troppo bene per essere veri”.

“Chiunque poteva appoggiarsi e far scattare il meccanismo allora…” commenta Mr.P.

“Non credo, guarda…” dice Papà Nino e gli mostra il meccanismo dietro il falso muro.

Ci sono alcune cariche di esplosivi, un piccolo monitor con dei circuiti e una serie di fili collegati ai falsi mattoni.

“Una combinazione…” sussurra Mr.P, “Quei mattoni formano una cazzo di tastiera e se uno sbaglia…”.

Papà Nino si avvicina a uno dei fili staccati del meccanismo e lo tira mostrandoglielo, “Rosicato da qualche topo immagino, guarda i segni”.

Mr.P prende il filo tra le mani lentamente, lo fissa come ipnotizzato, poi alza lo sguardo su di lui, quindi gli si scaraventa addosso spingendolo con violenza sulla parete dietro.

“Figlio di puttana!” urla, “Hai rischiato di farci saltare in aria!”.

Papà Nino non reagisce e alza le spalle.

“Non lo sapevi!” grida Mr.P, “Non lo sapevi!”.

“Calmati, siamo vivi, no?”.

Mr.P lo spinge più forte verso il muro, vuole prenderlo a pugni, ammazzarlo di botte, farlo gridare come un maiale scannato. Sente il cuore salirgli in gola, ma invece di colpirlo, urla come un pazzo la sua rabbia in faccia all’altro con tutto il fiato che ha in corpo.

“Sfogato?” gli chiede dopo Papà Nino e si libera dalle sue mani.

“Perché?” chiede con un filo di voce Mr.P, “Perché uno che arriva qua sotto non dovrebbe far saltare la finta porta?”.

“Se fossi uno sbirro e trovassi questo posto, la prima cosa che farei è far saltare quella dannata finta porta, non mi metterei a cercare degli spifferi sul muro vicino” risponde Papà Nino, “È quello che pensa il proprietario dei soldi” aggiunge dopo aprendo la porta e mostrandogli l’interno del lato posto di fronte alle scale di accesso.

“Ovvio” commenta Mr.P con un sorriso rassegnato quando vede le cariche di esplosivi che erano state fissate anche là.

“Consolati con questi” gli fa Papà Nino e lo fa voltare verso l’interno della stanza.

“Porca puttana!”.

Poste ordinatamente su un tavolo da biliardo al centro della stanza, c’erano tre colonne di soldi che raggiungevano quasi due metri di altezza per una larghezza di circa un metro ciascuna.

 

 

 

Varcata una delle uscite di sicurezza, il Pastore si accende una sigaretta e fa un giro nel parcheggio.

L’area intorno al Centro Commerciale era in gran parte composta dai raccordi con la vicina autostrada, molta campagna e qualche casa sparsa. Il posto perfetto per una rapina, ma anche il posto perfetto dove un criminale ben organizzato potesse nascondere i suoi soldi da riciclare.

Tirando una boccata di fumo amaro, il Pastore ricorda i dettagli del colpo.

Avevano bisogno di soldi per andare a recuperare le ultime quattro statuette che si trovavano in America e avevano ricevuto una soffiata sul posto. Giravano delle voci sul Centro Commerciale Emiliano, più di una voce, e alla fine si erano organizzati dopo avere ricevuto le conferme che avevano cercato.

Un’Organizzazione usava quel posto per depositare soldi rubati che venivano trasferiti poi ad altre attività. A quanto ammontasse il deposito e quale fosse questa Organizzazione a loro non interessava. Servivano soldi per andare in America e quelli erano facili da recuperare, perché nessuno avrebbe osato prenderli, meno che loro, ovviamente, se non ne avessero avuto bisogno, o forse gli sbirri, perché quelli sapevano sempre tutto ma agivano con calma. Forse era pericoloso, forse si rischiava di essere beccati, ma dopo circa un mese a studiare il luogo si erano convinti di potercela fare. Non restava che prendere i soldi e partire per New York, dove qualche stronzo di collezionista aveva recuperato quattro delle loro statuette per mostrarle a qualche culo flaccido dei suoi amichetti. Erano le loro statuette? Dopo tutto quello che avevano passato negli ultimi anni avevano il diritto di definire loro quelle cazzo di statuette.

E poi c’era il Tetto che non smetteva di sognarle.

Il Pastore tira un’altra boccata di fumo amaro e scuote la testa. Quello era sempre stato l’aspetto più inquietante di tutta la faccenda. Sin dal colpo di Bombay, sin dalla prima volta, quando avevano avuto a che farci. Era stato ancora il Tetto con le sue premonizioni e i suoi sogni ricorrenti a convincerli che dovevano essere recuperate e trattenute. Ancora una volta. Qualcuno le avrebbe cercate, diceva, qualcuno le avrebbe usate, temeva, qualcuno avrebbe cercato di sacrificare di nuovo Aurora per quella fottuta leggenda del cazzo. No, quello nessuno di loro lo avrebbe permesso.

Si erano così affezionati a quella piccola ragazzina nell’ultimo anno che riuscivano perfino a litigare per lei, per cosa fosse giusto insegnarle o se dovessero portarla con loro durante i colpi. Alla fine l’avevano resa parte della loro vita raminga e pericolosa, ma mai, mai avrebbero permesso ai demoni che li perseguitavano di infettare anche lei.

Lo avevano giurato nell’intimo dei loro cuori, a costo dello proprie vite, e anche se non lo avevano detto ad alta voce, l’uno all’altro, i propri occhi avevano espresso ciò che pensavano sin da subito. Dopo averla salvata, i sei avevano cercato invano la sua famiglia, qualcuno a cui lasciarla, che la stesse cercando.

Aurora sembrava essere apparsa dal nulla e gli unici che potevano sapere qualcosa di lei erano morti nel tentativo di sacrificarla ad una stupida leggenda.

 

 

 

“Finita l’Estate, devi ritornare a scuola”.

Aurora lo fissa serio e non parla, aveva smesso di giocare e mangiava cioccolata seduta sulle ginocchia del Nonno.

“Non sono mai stata a scuola”.

“Un buon motivo per andarci. Non puoi vivere come noi”.

“Io voglio stare con voi!” esclama lei con impeto cominciando a piangere.

Il Nonno la stringe. “Non ho detto che non puoi stare con noi, ma vivere come noi. Non ti lasceremo mai, te lo abbiamo promesso. Siamo noi la tua famiglia adesso, ma non puoi andare in giro a rubare e a sparare alle persone”.

“Perché?” ribatte stizzita lei.

“Perché è sbagliato”.

“Tu lo fai però”.

“Io non ho scelta”.

Aurora lo guarda con occhi grandi che trattengono lacrime stoicamente. Lui la fissa senza espressione e per un po’ non si parlano. Dopo, lei ricomincia a mangiare la cioccolata lentamente, mentre l’uomo le carezza dolcemente i capelli.

“Nessun pollo fuori dal pollaio” dice il Tetto arrivando alle loro spalle, “Tutto bene?” chiede poi.

I due non rispondono e quando Aurora ripone la sua cioccolata per bere un sorso d’acqua, il Nonno la mette a sedere su degli scatoloni e si alza. “Il piccolo Mast?” chiede.

“È fuori con il Pastore” risponde il Tetto.

“Stai con lei, io li raggiungo”.

“Il direttore?”.

“In gabbia”.

Mentre il Nonno si allontana, il Tetto si siede vicino ad Aurora.

“Mi sogni ancora?” chiede lei senza fissarlo.

Lui non risponde, poi quando lo guarda, annuisce serio.

“È un cosa buona?”.

L’uomo soppesa bene la risposta, poi scuote lentamente la testa.

Aurora abbassa la testa e comincia a fissare i suoi piedi senza espressione. Li dondola come fanno i ragazzini quando stanno seduti su sedie troppo alte per loro, ma nel suo movimento sembra più un giocattolo senza anima che un vivace ragazzina di appena dieci anni. Il Tetto la fissa e per un attimo si chiede ancora una volta che ruolo potesse avere quella esile creatura in tutta la faccenda delle statuette.

“Ho sentito degli spari prima” gli dice alzando improvvisamente la testa.

“Facciamo questo per te” commenta il Tetto con un sorriso forzato, “È sbagliato il modo, ma il fine è buono”.

“Avresti veramente ucciso quei bambini?”.

Lui ricorda bene quando alle casse, minacciando la cassiera con il coltello, aveva intimato all’uomo che si era fatto avanti di non provocarlo.

“Era una bugia” risponde il Tetto, “Come quando giochiamo a carte e tu ci stai a guardare, ricordi?”.

“A coker?”.

L’uomo sorride, “Poker, sì, come quando giochiamo a poker e il Pastore litiga sempre con il Mast”.

Aurora ride ricordando bene tutte le volte che li ha visti giocare a carte, poi si blocca e lo fissa serio. “Hai ancora il coltello?” domanda.

Lui non capisce subito, poi quando comprende, mette una mano nella tasca dei pantaloni dove c’è ancora il coltello e glielo porge. Mentre lo prende, Aurora passa l’indice della mano destra sulla lama, entrambe le parti, e nota come non sia tagliente, ma freddo e liscio, quindi sorride di nuovo.

“Come sempre” dice al Tetto.

“Come sempre” ribatte lui e pensa a tutte le volte che le hanno mentito.

 

 

 

La chiusura delle serrande aveva bloccato anche i cancelli del parcheggio e a una prima occhiata sembrava che solo il custode abusivo fosse rimasto all’interno del perimetro del Centro Commerciale. Facendo un rapido giro intorno alla struttura, il Pastore nota invece che ci sono almeno due automobili con i loro rispettivi passeggeri che avevano cercato di uscire mentre i cancelli si stavano chiudendo. I due guidatori stavano discutendo animatamente proprio con il custode del parcheggio quando lo vedono arrivare. Mentre si avvicina, il Pastore nota anche che sull’altro lato del parcheggio, quello dove c’era l’entrata, una decina di automobili che erano all’esterno del recinto richiamavano la sua attenzione con i clacson.

“La situazione si complica” mormora, quando alle sue spalle sbuca il Mast che lo raggiunge facendogli un cenno della testa per indicargli il Nonno all’entrata del parcheggio.

“Pensa lui a quelli là” gli dice il nuovo arrivato “Occupiamoci di loro” e si avviano verso i due guidatori e l’abusivo.

Il Nonno arriva al cancello dell’entrata appena prima del tentativo di un uomo di scavalcarlo.

“Mi scusi” gli fa, “Non può entrare, nessuno può farlo”.

“E perché?” chiede con piglio provocatorio l’altro.

Il Nonno si avvicina al cancello e lo fissa per un po’, “C’è stata una rapina” risponde, “C’è la polizia e siamo chiusi”.

“Hanno ucciso qualcuno?” chiede l’uomo.

“Credo di sì”.

“E chi?”.

“Non lo so” ribatte il Nonno stringendo le mani nervosamente, “Allontanatevi adesso”.

“Cazzo” commenta l’altro e corre verso le automobili dietro di lui per riferire i fatti.

“Stronzo” sibila il Nonno tornando indietro.

 

 

 

Mettono i soldi nei sacchi puliti dell’immondizia trovati nel magazzino degli inservienti, quindi tornano dagli altri.

“Dove cazzo sono?” chiede Papà Nino quando arrivano al reparto carni, “Era qui che dovevamo incontrarci, giusto?”.

Mr.P gli fa un cenno con la testa e gli indica Aurora seduta poco lontano, di nuovo concentrata sull’i-phone.

“Ehi, tesoro, dove caz…dove sono…” sta per chiederle Papà Nino quando ad una delle uscite laterali vede il Nonno.

“Ve la siete presa comoda” commenta con un sorriso quest’ultimo quando è vicino, “Trovato quello che ci serve?”.

“Sì, è tutto qui” risponde Mr.P mostrandogli il contenuto del suo sacco, “Gli altri?”.

“Dove è il Tetto?” domanda ad Aurora il Nonno senza rispondergli, “Gli avevo detto che doveva restare qui con te”.

“Eccomi!” dice l’uomo sbucando da una delle corsie vicine, “I bagni sono tutti occupati” e alza le spalle.

“Sei andato a farla là dietro?” gli chiede il Nonno con disgusto.

Il Tetto alza di nuovo le spalle per dire che non aveva avuto scelta.

“Lavati le mani adesso” borbotta Aurora senza staccare gli occhi dal suo i-phone.

“Cosa?” chiede stupefatto il Tetto.

“Ha ragione” gli dice il Nonno, “Adesso lavati le mani!”.

“E mi dici dove?” chiede l’altro ridendo.

Aurora mette in pausa il gioco, si alza, va verso una corsia vicina e preleva una bottiglia di acqua consegnandogliela.

“Aspetta un attimo” gli dice poi, quindi sparisce di nuovo.

Gli altri si guardano e stanno per richiamarla quando dalla seconda uscita di emergenza arrivano il Mast e il Pastore.

“Che succede?” chiede il Pastore quando li vede.

“Succede che il Tetto non si lava le mani quando fa i suoi bisogni” commenta con un mezzo sorriso Mr.P.

“Ma non è vero!” esclama l’interessato un po’ risentito, “Con tutte quelle persone che abbiamo chiuso dentro i bagni, mi dite come cazzo facevo?”.

“Dammi la pistola” dice il Mast al Nonno che, sfilandosela dalla cintola, gliela consegna incuriosito.

“Che cazzo…” sta per dire Mr.P, ma il Mast fa segno al Tetto di seguirlo zittendolo.

Il Tetto prima fissa gli altri, poi, incuriosito anche lui da quell’atteggiamento, consegna la bottiglia di acqua al Nonno e lo segue. Il Mast arriva a uno dei bagni, sposta la sedia che blocca la maniglia, quindi appoggia una mano sopra.

“Non capisco cosa cazzo tu voglia fare” borbotta il Tetto mentre gli altri li guardano.

“Fai quello che ti dico” sussurra il Mast con un ghigno, poi, all’improvviso, spalanca la porta ed emette un urlo facendo indietreggiare molti di quelli che vi stavano dietro. Afferra quindi velocemente il Tetto per i capelli non dandogli nemmeno il tempo di reagire e lo tira dentro puntandogli la pistola alla nuca.

“Lavati quelle cazzo di mani altrimenti ti buco la testa, pezzo di merda!” gli urla mentre i clienti del Centro Commerciale si stringono atterriti e si spostano dai lavandini dove i due sono diretti con impeto.

“Che cazzo combini, idiota!” protesta il Tetto, ma la presa per i capelli è forte e lo obbliga a seguire i suoi ordini.

“Lavati quelle mani!” urla il Mast atterrendo i presenti.

Il Tetto non ha scelta. Preme il dispenser e si fa cadere il sapone sulle mani, quindi apre la fontana e se le lava più velocemente possibile. Non visti, all’esterno, gli altri quattro si piegavano dalle risa.

“Sbrigati, stronzo!” gli urla il Mast fissando come un pazzo le altre persone che non fiatano e gli lancia delle salviettine sterilizzate. Quando le mani sono state asciugate, i due, come erano entrati, escono lasciando nello sgomento tutti quelli che avevano assistito alla scena.

“Così ci pensano due volte prima di lamentarsi” commenta calmo il Mast bloccando di nuovo la porta.

“Pezzo di merda!” sbraita il Tetto scaraventandosi su di lui, “Ma ti è partito completamente il cervello?”.

Il Nonno, con difficoltà, riesce a intervenire dividendoli, “Dai Tetto” gli dice tra le lacrime, “È stato divertente”.

“Vaffanculo anche tu, stronzo!” urla il Tetto e cerca di aggredire di nuovo il Mast che non reagisce, perché il Nonno riesce a fermarlo ancora.

“Dai, Tetto” interviene Papà Nino quando ha smesso di ridere anche lui, “Dov’è finito il tuo self control?”.

Come se lo ricordasse solo in quel momento, il Tetto improvvisamente cambia espressione rilassandosi in pochi attimi tra lo stupore generale.

“Cazzo” commenta esterrefatto il Pastore, “Lo sta facendo veramente”.

“Questo dovrebbe andare bene” dice Aurora sbucando all’improvviso con in mano una confezione di sapone liquido disinfettante, “Se le lavi nel bancone delle carni con qualcuno che ti versa l’acqua…Che succede?”.

Stavano ridendo tutti, meno che il Tetto.

 

 

 

“Porca troia!” esclama il Nonno non appena controlla la refurtiva e Aurora, incuriosita, molla il suo i-phone e si avvicina per sbirciare. L’i-phone emette un suono acuto. Game over.

“Quanti sono?” chiede la ragazzina dopo aver dato un fugace sguardo ai soldi.

Mr.P fissa Papà Nino che gli fa un cenno, “Abbastanza da comprarti tutto quello che vuoi” risponde poi.

“Qui c’è già tutto quello che voglio” commenta lei.

Il Nonno fissa Mr.P e si mette a ridere, “Mi sa che sa il fatto suo la nostra Aurora”.

Prima che l’uomo possa ribattere, Papà Nino chiede al Pastore come sia la situazione all’esterno.

“C’era un po’ di gente, ma li abbiamo mandati via. Abbiamo un margine di un’ora, poi qualcuno s’insospettirà”.

“Non c’era un custode al parcheggio?” chiede il Tetto.

“C’era” risponde il Pastore.

“Hai ammazzato il custode?”.

“Ma chi cazzo ha detto che l’ho ammazzato!”.

“Hai detto che c’era, per cui adesso non c’è più!”.

“E questo significherebbe che è morto?” fa il Pastore.

“Piantatela con le stronzate” dice il Mast, “È stato solo gentilmente invitato a lasciare il suo posto di lavoro, va bene?”.

“Gentilmente?” fa il Tetto, “Conoscendoti ho i miei dubbi”.

“Ma vaffanculo!” ribatte il Mast.

“Bene” fa Papà Nino zittendoli, “Se avete finito, io direi di fare la spesa e levare le tende il prima possibile”.

“Stavo giusto per dirvi che ho fame” aggiunge il Mast.

“E quale sarebbe la novità?” chiede sarcastico il Tetto.

“Ce l’hai ancora con me?”.

“Il modo che ho di affrontare le avversità della vita è qualcosa che individui della tua fattezza difficilmente comprendono” risponde l’altro con sufficienza.

“È il tuo modo filosofico per mandarmi a fare in culo?”.

“Se volessi mandarti a fare in culo ti direi semplicemente di andarci, ma poiché abbiamo dato fin troppo spettacolo con Aurora, non posso farlo adesso in sua presenza. Tuttavia, voglio esprimerti comunque il mio più profondo risentimento per come mi hai trattato prima”.

“Ma che cazzo sta dicendo” borbotta il Nonno fissando il Pastore che gli fa un cenno con la mano perché era interessato al proseguo del confronto.

Il Mast si mette una mano sul mento e soppesa le parole del Tetto, “Dunque. Ammetti di mandarmi a fare in culo, però lo fai con eleganza perché c’è Aurora”.

“Se vuoi metterla in questo modo” commenta l’altro.

“Aurora?” chiede il Mast, “Chiuderesti per un po’ gli occhi e ti tapperesti le orecchie un attimo?”.

La ragazzina, che era presente al nuovo battibecco tra i due, fissa per un po’ il Nonno e il Pastore che le sorridono.

Mr.P e Papà Nino sono già lontani e non si accorgono di nulla, presi come sono dalla loro spesa.

“Piccola” fa il Tetto con insofferenza, “Tesoro, ti prego di non farlo”.

Aurora, fissando di nuovo il Nonno e il Pastore che stanno ridendo di più, chiude gli occhi e si tappa le orecchie con il sorriso sulle labbra.

 

Raffaele Scotti

 

5 Commenti

  1. Mi chiedo cosa c’entri Aurora nella leggenda, perché proprio lei debba essere sacrificata… sono sicura che lo scopriremo presto!

    • Presto? Non credo…;)….

      • Nooo uffa ahaha sono curiosa

        • Tranquilla, la storia non è lunga…:)…

  2. Mi piace un Sacco questo racconto! E anche registrarlo è un vero piacere!


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