Aurora: Al Centro Commerciale (Cap. 2)

CAPITOLO 2 – AL CENTRO COMMERCIALE

La donna con il carrello avanza lentamente lungo la corsia dei detersivi alternando il suo sguardo da destra a sinistra, “Ma dove li hanno messi?” mormora e prosegue fino alla diramazione con la corsia degli accessori per il bagno.

Il suo carrello è pieno da un quarto d’ora, ma dirigendosi alle casse, si era ricordata che le mancavano sia il detersivo per i piatti, sia lo smacchiatore per le camice di suo marito ed era dovuta tornare indietro.

“Come ho potuto?” si era rammaricata ad alta voce e la signora Angela, che le stava di fronte in quel momento, aveva sorriso compiaciuta. Aveva avuto solo il tempo di notarlo, quando con una smorfia era ritornata sui suoi passi.

Mentre ripercorre la corsia dei detersivi con più attenzione, nota con la coda dell’occhio una ragazzina sollevarsi sulle punte dei piedi per cercare di afferrare un grosso contenitore dell’ultimo ritrovato per lavatrici. È apparsa all’improvviso dal reparto degli accessori per il bagno, dal lato opposto.

“Ti serve aiuto?” le chiede vedendola in difficoltà.

“Sì, grazie, può prendere quello per me? Non ci arrivo”.

La donna le porge il detersivo e la fissa bene. È una ragazzina esile di corporatura, molto carina nei lineamenti e indossa un grazioso vestitino estivo tutto fiori che le lascia scoperte le gambe con castità e pudicizia. Si chiede quanti anni potesse avere e quanti piccoli cuori avesse già infranto con i suoi occhi furbi e chiari.

“Sei qui con la tua mamma?” le domanda.

“No, con papà” risponde sorridendo l’altra, “È nel reparto cosmetici”.

“Posso chiederti quanti anni hai?”.

“Perché lo vuole sapere?” chiede la ragazzina inarcando le ciglia con sospetto.

“Oh” fa la donna sorridendo, “Non fraintendermi, è che somigli tanto a una mia nipotina, magari hai la sua stessa età e forse sei nella sua stessa scuola”.

“Frequento una scuola privata”.

“Ah” commenta spiazzata lei, ma non ha il tempo di ribattere perché la ragazzina la congeda con freddezza.

“Devo andare” le dice, “Mio padre mi aspetta. La ringrazio ancora per avermi aiutato” e voltandosi va via.

La donna la guarda allontanarsi e si chiede chi potesse essere suo padre. Un po’ ci è rimasta male per come è stata trattata, ma in fondo la capisce e sa che se fosse sua figlia, le avrebbe detto di comportarsi allo stesso modo con un estraneo. Con tutto quello che si sente di quei tempi è normale che non ci si fidasse più di nessuno.

Non ci si doveva fidare.

 

 

 

È troppo carina per non essere una ladra, uno specchietto per le allodole, pensa Guido. Non è nemmeno una di quelle ragazzine Rom che si lanciavano all’assalto dei clienti, magari con i fratellini più piccoli al seguito. Aveva letto da qualche parte che una ragazzina Rom con bambino o con un cucciolo ha più possibilità di racimolare euro di quanto potesse fare un disperato qualsiasi appostandosi con il suo cartello Ho Fame, Aiutatemi! Era una questione di sentimenti. Più si era teneri e innocenti, più si veniva coccolati. Non è però il caso della ragazzina, vestita di punto ed accompagnata dal padre. Eppure, li ha visti entrare e si è subito insospettito. Cos’è che non lo aveva convinto?

Guido si dirige nel locale vicino al materiale degli addetti alla pulizia, tira fuori la sua card elettronica e apre una porta apparentemente come le altre. La stanza è un centro di controllo da cui gli addetti alla sicurezza possono tenere d’occhio gran parte del Centro Commerciale Emiliano dove lavora da circa cinque anni.

“Senza una sola rapina” borbotta tra sé ogni volta che vi mette piede, come se la stanza dovesse saperlo.

“Io sono qui perché tu mi dia le risposte che ho già!” sembra dirle quando, quelle rare volte che ne fa uso, cerca tra i suoi monitor qualcuno in particolare che lo ha insospettito. Non può seguirlo per le corsie, non è così che si fa, ecco perché va nella stanza e lo scruta in silenzio prima di agire. Ci sono una ventina di monitor che lo possono aiutare in questo, perché alternano varie angolazioni di vedute su diversi settori del Centro Commerciale.

Il locale è vuoto, perché gli altri quattro membri della sicurezza sono in giro tra i reparti. Gianluca, il direttore, ci teneva a che la clientela si sentisse costantemente protetta e rassicurata. Anche lui la pensava allo stesso modo.

Con uno sbuffo si siede davanti alla console che amministra le telecamere e cerca la sua sospetta.

È un uomo robusto e alto, il suo mestiere nella sua corporatura, ma non uno sprovveduto e neanche una testa calda, se non si consideravano certi precedenti con la legge. La gente pensava che in un lavoro come quello si è sempre pronti a menare ceffoni o addirittura a sparare. Forse era vero in generale, ma uomini nella sua posizione, spesso si dovevano distinguere per fermezza, intuito e intelligenza proprio per evitare il peggio. E lui lo aveva fatto tre volte da quando era stato assunto mettendo a tacere le dicerie sul suo passato non immacolato.

“Chi è che non sbaglia?” chiedeva quando doveva affrontare quegli argomenti.

Il monitor numero cinque gli dà ciò che cerca. La ragazzina nel reparto detersivi sta parlando con la signora Ida.

La donna è una cliente abituale, una di quelle precise e antipatiche, anche se la maggior parte delle maldicenze sul suo conto le riceve dalle ragazze alle casse. C’era Imma, per esempio, che conosceva vita, morte e miracoli di tutti i clienti.

“Possibile che mi sbagli su di te?” chiede al monitor fissando la ragazzina.

Sempre pronta a chiedere spiegazioni su questo o quel prodotto scontato, attenta poi a che le venisse fatto secondo le regole, la signora Ida aveva forse trovato un’altra vittima della sua lingua vorace. Mentre la guarda attraverso il monitor parlare con la ragazzina, Guido ricorda di quella volta dello scontrino battuto male.

Il prezzo su una confezione di pasta era diverso da quello che il lettore aveva poi rilevato e sullo scontrino era lievitato. Su una spesa di quasi cento euro, nessuno avrebbe fatto storie per settanta centesimi di differenza.

Gloria, la cassiera che l’aveva servita, si era prima scusata, poi aveva precisato che il lettore era stato aggiornato la settimana prima e che probabilmente alcune etichette sui prodotti risultavano ancora vecchie. La soluzione che le aveva proposto, quindi, era che accettasse il rincaro con le scuse, o lasciava il prodotto che le sarebbe stato sostituito. Ovviamente non era andata così.

La signora Ida aveva preteso il prodotto al prezzo esposto e a nulla erano valse le precisazioni della cassiera, finché, allarmato dal trambusto, non era dovuto intervenire Guido. La fila alla cassa stava diventando imbarazzante e molti clienti cominciavano a innervosirsi. Il suo arrivo aveva peggiorato le cose.

“Non sono una ladra!” aveva strepitato la donna in modo che tutti la sentissero, “Se mi tocca la denuncio!”.

Guido quel giorno avrebbe voluto veramente metterle addosso le mani, perché aveva avuto modo di sentire parte della discussione e riteneva veramente assurdo scatenarla per così poco, ma l’intervento del direttore aveva calmato gli animi di tutti e la signora Ida era stata presa in disparte e accompagnata nel suo ufficio.

“Magari se l’è dovuta pure scopare” borbotta mentre segue nel monitor la ragazzina allontanarsi dalla donna.

 

 

 

“Ma chi cazzo me lo ha fatto fare” dice l’uomo davanti a una confezione di deodorante e la donna che gli sta vicino lo fissa di traverso disgustata. Lui le sorride, poi si blocca e la fissa, “Mi aiuterebbe a sceglierne uno?” chiede.

La donna guarda suo marito dietro di lei che non la degna nemmeno di uno sguardo, poi alza il viso verso l’uomo.

È alto e la scruta dai suoi quasi due metri d’altezza, nessun segno particolare, eccetto i suoi occhi, quasi socchiusi, quasi pensierosi, e un po’ la intimorisce.

“Cerca qualcosa di particolare?” chiede.

“Vorrei prendere un profumo per mia figlia, ma non so quale”.

“Quanti anni ha?”.

“Appena dieci”.

“Allora quello va bene” risponde la donna indicandogli il deodorante che aveva davanti, poi, dirigendosi verso suo marito, lo tira via decisa verso le casse.

L’uomo alza il braccio destro e si annusa l’ascella, quindi scuote la testa.

“Non hai un cattivo odore” dice una voce alle sue spalle facendolo girare.

“Oh, sei tu. E che sarebbe, scusa?”.

“Sei troppo alto” risponde l’altro con un’alzata di spalle.

È un uomo piccolo di statura con un pizzo sul mento che gli risale ai lati della bocca e sotto il labbro inferiore, come un tridente, che rende il suo viso sospetto per chiunque lo fissa più di un minuto. Spinge un carrello carico di spesa.

“Ma che cazzo significa! Allora le persone alte sono tutte dei criminali?”.

L’altro lo fissa senza rispondere.

“Al diavolo! Che dovrebbero dire quelli che giocano a Basket?”.

“Sono in gran parte neri e ce l’hanno più grosso di te!” sentenzia un altro uomo sbucando dalla corsia dei liquori.

Ha la barba folta di un predicatore e porta due bottiglie di vino in entrambe le mani. Magro di costituzione, sembra uscito da una comunità Hippie degli anni settanta, ma gli mancano le treccine ai capelli che porta invece corti.

“Quella è la tua spesa?” gli chiede l’uomo con il carrello.

“Perché, non hai spazio?” dice appoggiando le bottiglie nel carrello, “Che diavolo hai comprato?” aggiunge.

Nel carrello ci sono diverse confezioni di tacchino e pollo già ripuliti e pronti per essere cotti, diverse bistecche di manzo e molti succhi di frutta.

L’uomo con la barba prende un succo, lo guarda per po’, quindi lo rimette a posto.

“Quello che non capisco” dice, “È come fai a mangiare carne senza pensare di annaffiarla con un po’ di alcol!”.

“Sarebbe troppo calorico” ribatte l’uomo con il carrello.

“Ma che cazzo dici! La vedi questa?” fa l’altro prelevando una bistecca dal carrello.

“La vedo bene” sussurra l’uomo con il carrello, “E se non fosse impacchetta per bene, te l’avrei già fatta ingoiare”.

“Che cazzo ti prende?” replica quello con la barba riponendo con stupore la bistecca nel carrello.

“La mia carne è la mia carne. Tocchi lei, tocchi me”.

“Andiamo ragazzi” s’intromette l’uomo alto, “Cerchiamo di non fare cazzate”.

“Ha detto che hai il pisello piccolo, non lo hai sentito?” lo provoca quello con il carrello con un ghigno.

“Ehi! Vaffanculo!” replica l’uomo con la barba e gli punta minaccioso un indice.

L’uomo alto fissa quello con la barba, “Che avresti detto tu?”.

“Non ho detto un cazzo! Questo stronzo vuole farmi perdere la pazienza!”.

“Con tutto quello che ti fumi” ribatte l’uomo con il carrello, “È già abbastanza che tu ce l’abbia una pazienza!”.

“Pezzo di merda” ringhia quello con la barba e si avventa su di lui che reagisce subito facendosi avanti.

L’uomo alto si mette tra di loro bloccandoli prontamente e si rivolge a quello con la barba, “Devi ancora dirmi che ne sai tu del mio pisello!” sbraita.

“Non me ne frega un cazzo del tuo pisello! Te lo puoi ficcare nel culo per quanto mi riguarda!”.

“Stai dicendo che sono frocio?”.

“Io dico che lo sta dicendo” risponde l’uomo con il carrello.

“Pezzo di merda!” urla quello con la barba e si rilancia su di lui.

 

 

 

La signora Ida è di nuovo alle casse e manca poco al suo turno. Davanti ha la signora Angela. Non la sopporta e se la saluta è per educazione. L’aveva notata prima quando lei, solitamente così precisa, nel dimenticare il detersivo per piatti e lo smacchiatore, era dovuta ritornare indietro scatenando la sua reazione divertita.

“Anche tu hai fatto un dietro front” borbotta, “Altrimenti saresti già con il sederone nella tua utilitaria da pochi euro”.

La scruta con superficialità. Aveva superato i quaranta anni da un bel po’, come lei tra l’altro, ma a differenza sua, l’altra non sembrava affatto che curasse il proprio fisico. Certo, si truccava all’occorrenza, vestiva quanto più decente potesse permetterle suo marito, l’avvocato, ma in verità somigliava fin troppo alla sua vecchia zia, quella che aveva la merceria in centro, una donna ben più affabile e carina di lei, ma simile in quanto a cattivo gusto: vestiti troppo appariscenti, trucco eccessivo e quello che proprio non le piaceva, il continuo mettere in evidenza le generose ondulazioni del prosperoso seno.

Lei non sarebbe mai arrivata a tanto, perché essere un notaio rispettabile e per di più sposata a un medico di rinomata fama, la obbligava a una linea di condotta pubblica decorosa e mai sopra le righe. E che dicessero pure che la chirurgia estetica l’avesse ringiovanita. Non le importava fin tanto che l’avrebbe resa quella che è, ovvero, come le piaceva essere. E poi se lo poteva permettere.

“Buongiorno Ida, come sta?” le chiede Gloria dalla cassa affianco mentre passa sul lettore una confezione di latte.

“Bene cara” risponde lei con un sorriso e fissa l’uomo che sta svuotando il suo cestello davanti alla cassiera.

È magro, slanciato e imberbe. Ha in realtà più la faccia di uno studente universitario. La donna nota che la sua spesa è biologica e priva di marche convenzionali, da salutista pensa, e tipica del frikkettone no-global e politicamente schierato contro a prescindere. Non li sopporta. Quel tipo di persona svuota la società della sua vera essenza, ovvero il progresso e le conquiste in ogni campo. Lei pensa che a quelle persone bastino erbette, prodotti tipici e aria buona per restare in armonia con tutto e tutti, o cavolate del genere. Lei sarebbe quella sbagliata? Lei che con due stipendi e un figlio all’università se ne va in giro a inquinare l’aria e a intasare il traffico cittadino? Lei che può permettersi vacanze nei tropici e comprare schifezze di ogni tipo che può smaltire nella palestra più attrezzata della città?

Avere un buon conto corrente non è affatto un peccato, pensa, e non si è mai sentita in dovere di giustificarsi per questo, perché tutto ciò che la sua famiglia possiede è il risultato di sacrifici.

“Poveracci” sussurra guardando l’uomo che forse, sentendola, si volta e le sorride.

 

 

 

Guido sta guardando attentamente nel monitor i tre uomini discutere animatamente nella corsia dei profumi. Uno era con la ragazzina che adesso appare in coda a una delle casse in un altro monitor. L’uomo più alto era entrato nel Centro Commerciale tenendola per mano poi, all’ingresso, avevano preso un cestello ciascuno e si erano divisi.

Quale padre lascerebbe sua figlia da sola in un luogo affollato come quello? La cosa non gli era piaciuta, ecco cosa era stato a insospettirlo. All’inizio si era concentrato solo di lei, ma adesso che la vede avvicinarsi alle casse per pagare la sua spesa, si chiede se non abbia sbagliato. Non indossa nemmeno il vestito giusto per nascondere eventuale refurtiva.

“E no…” commenta a mezza voce, “Invece tuo padre…”.

I tre uomini nella corsia dei profumi sembrano essere sul punto di scatenare una rissa. Li aveva appena notati prima, preso com’era dalle ricerche della ragazzina, e non potendo ascoltare le voci, non sa di cosa discutano finché non vede quello con la barba lanciarsi su quello con il carrello, mentre il padre della ragazzina interviene per dividerli. Almeno in apparenza. Subito dopo, infatti, l’uomo sembra voler aggredire quello con la barba.

“Merda” sibila accendendo il trasmettitore che porta alla cintura, “Ragazzi! C’è un problema nel reparto profumi. Tre uomini. E credo che stiano per darsele!”.

Si rialza veloce avviandosi alla porta quando viene bloccato da due uomini che lo ricacciano dentro con uno spintone.

“Che cazzo” riesce a dire colto di sorpresa e viene bloccato a terra da uno dei due.

“Fermo stronzo!” gli sibila l’aggressore mettendogli un coltello alla gola, “Prova a dire a ed io te la trasformo in AH! L’hai capita, stronzo?”.

“Io…io…” blatera lui, mentre l’altro uomo gli sfila la pistola.

“Bloccalo” dice a quello con il coltello, “Così non gliela spieghi” e levando la sicura alla pistola gliela punta alla testa.

“Non ti fa ridere stronzo?” dice l’uomo con il coltello mettendolo faccia al muro. Lo lega, quindi lo rigira e gli tappa la bocca con un fazzoletto.

“Mpf!” fa Guido, ma quello con il coltello lo schiaffeggia, “Zitto!” ringhia, “E ascolta! C’era una volta un vigilante che voleva fare l’eroe. Due uomini lo legarono e lo imbavagliarono, ma lui riuscì a dare non so come l’allarme. I due uomini vennero presi, ma il vigilante morì. Ti piace questa storia?”.

Guido scuote leggermente la testa.

“Ecco, bravo” dice l’uomo con la pistola avvicinandosi a lui, “Adesso indicami dov’è la chiave”.

 

 

 

“Dimmi veramente quello che pensi del mio pisello!” urla l’uomo alto tenendo per il bavero quello con la barba.

“Vaffanculo!” sbraita l’altro cercando di liberarsi, “Vaffanculo tu e quel piccolo bastardo! Ed io mi sarei fumato il cervello? Siete voi che avete la testa fuori posto!”.

“Non sai un cazzo della mia testa tu!” dice l’uomo con il carrello, “Non sai un cazzo di nessuna testa! Tu non l’hai mai avuta una testa!”.

“So benissimo cos’è una testa di cazzo! E adesso ne ho perfino due davanti!”.

“E così sarei una testa di cazzo?” dice l’uomo alto scuotendolo.

“Levami le tue mani di dosso stronzo!” risponde l’uomo con la barba e cerca inutilmente di liberarsi dalla sua presa.

Nel frattempo, i clienti che assistono, timorosi d’intervenire, avvisano un commesso che chiama la sicurezza.

“Attenzione!” dice il ragazzo al microfono, “Addetti alla sicurezza al reparto cosmetici! Ripeto, addetti alla sicurezza con urgenza al reparto cosmetici!”.

Il primo ad arrivare è Luca, il più giovane, ma solo quando sopraggiungono Diego e Paolo decide d’intervenire.

“Signori!” dice con voce ferma e risoluta, “Calmatevi e tenete giù le mani” aggiunge cercando d’intromettersi tra l’uomo con la barba e l’altro che lo teneva per il bavero.

“Chi cazzo sei tu?” gli dice quest’ultimo facendolo indietreggiare.

Marco, il più anziano degli addetti alla sicurezza, giunge in quel momento. Cercando di allontanare i clienti curiosi che sostano in prossimità della corsia, vede gli altri circondare i litiganti. Lui sarebbe una specie di veterano, subito dopo Guido, anche se tra loro non ci sono vere gerarchie, né qualifiche professionali cha facciano la differenza. Non erano addestrati. Avevano storie simili e forse quello era il loro punto di forza.

Diego spinge delicatamente l’uomo con il carrello, “Signore” dice, “Si porti indietro per favore”.

“Si porti indietro? Dove te lo insegnano a parlare in quel modo? Sei uno sbirro per caso? Non credo”.

L’addetto alla sicurezza rimane per un po’ interdetto, ma forte della sua posizione, afferra subito l’uomo per un braccio e lo strattona cercando di allontanarlo con la forza. Luca ricorderà ogni istante di quel momento.

Ancora scosso dallo sguardo minaccioso dell’uomo alto, vede con la coda dell’occhio l’uomo con il carrello sfilare la pistola al suo compagno, levare in un attimo la sicura e calargliela pesantemente sulla nuca.

Nei film di solito si sviene per quel tipo di colpi. Diego invece cade pesantemente a terra con un urlo e comincia a tenersi la testa che gronda sangue. Marco, che in quel momento era rivolto verso i clienti, ha appena il tempo di voltarsi per capire cosa è successo quando due proiettili lo raggiungono alle gambe facendolo crollare.

In un attimo si scatena il panico e le persone presenti, lasciando i carrelli e le loro spese, cominciano a correre verso l’uscita gridando per la paura. Luca allora porta le mani alla sua pistola per intervenire e mentre l’uomo che aveva sparato si disinteressa di lui per andare a disarmare Marco che è a terra, quello alto, mollando la presa sull’uomo con la barba gli si scaraventa addosso con impeto. Paolo, fermo a bocca aperta, non vede arrivare una testata sulla bocca dall’uomo con la barba che gli fracassa metà dell’arcata superiore dei denti. Il dolore è lancinante, e mentre cade a terra sputando sangue, è disarmato con facilità anche lui.

“Se reagisci, ti ammazzo” sibila l’uomo alto in faccia a Luca mentre lo rialza bruscamente disarmandolo.

L’addetto alla sicurezza ha una spalla rotta, il dolore è forte, da svenire, e quando viene messo con i suoi compagni in un angolo, ha il tempo di pensare di essersela cavata meglio di tutti loro.

“Assisti i tuoi amici” gli dice quello con la barba, “Altrimenti ti odieranno perché sarai l’unico a uscirne vivo oggi”.

“Come…io, come devo fare…” sussurra lui lanciando sguardi irrequieti ai compagni e all’uomo con la pistola.

“Comincia a mettere questa sulle ferite” dice l’altro lanciandogli la carne dal carrello vicino a lui.

“Ehi stronzo!” sbraita l’uomo che aveva sparato, “Quella è la mia carne!”.

“E piantala!” ribatte con stanchezza quello con la barba, “Ci saranno i banconi pieni dall’altro lato! Prima di andare ne prendiamo altra. Adesso perché non trovi qualche laccio per lo stronzo che hai impallinato? O vuoi che muoia dissanguato? Per me non fa differenza, basta che lo dici. Non mi va di sentirlo gridare. Gli altri almeno sono svenuti”.

Luca guarda Diego e Paolo che sono effettivamente svenuti, l’uno con la testa rotta, l’altro con la bocca piena di sangue e per un attimo si sente svenire. La sua spalla gli fa un male cane, ma anche la vista di tutto quel sangue comincia a fargli effetto e Marco grida come un animale sgozzato.

“Non era così in prigione, vero?” gli chiede l’uomo con la barba inginocchiandosi davanti a lui.

“Non…non…ti capisco…”.

“Capisci benissimo, pezzo di merda” sibila l’altro, “Sei tu che hai messo sotto la ragazzina o uno dei tuoi compari?”.

Luca sgrana gli occhi, “Tu…tu…chi sei?” chiede tremando.

“Sono uno di quelli che guardano il telegiornale la sera, ci credi? E non sai la rabbia che provo quando sento di pirati della strada che mettono sotto i ragazzini che attraversano sulle strisce. Non svenire stronzo, perché io non mi prenderò cura di figli di puttana come voi”.

 

 

 

 

Alle casse la signora Ida sta per tirare fuori il bancomat quando si sentono gli spari. La sua reazione, come quella degli altri clienti in fila, è di girarsi per vedere da dove provenissero e se, soprattutto, erano ciò che sembravano.

Imma la fissa perplessa, “Erano spari?”.

“Sembrava” risponde poco convita la donna, “Forse qualcuno ha fatto cadere qualcosa”.

La cassiera se ne sta convincendo quando cominciano le urla.

In quel momento, la ragazzina che la signora Ida aveva aiutato al reparto detersivi, le passa davanti.

“Ehi!” urla la donna non tanto per la sorpresa, quanto per l’essere stata scavalcata, “Torna indietro!”.

La ragazzina corre verso un pannello vicino all’ingresso e lo apre facendo scattare alcuni circuiti che abbassano le luci del Centro Commerciale per un attimo e mettendo in funzione il sistema di illuminazione d’emergenza subito dopo.

Nel frattempo, l’uomo che aveva effettuato la spesa di prodotti biologici, messa da parte la roba appena pagata, ne tira fuori un coltello da cucina puntandolo alla gola di Gloria, la cassiera che lo aveva servito.

“Un attimo di attenzione” dice tirando su la ragazza con uno strattone e mettendosi davanti all’unico ingresso, “Se qualcuno cerca di uscire, vi garantisco che la uccido”.

La cassiera, presa dal panico, comincia subito a gridare e a dimenarsi. In lacrime, la ragazza fissa disperata le cinque casse del Centro Commerciale con una ventina di clienti inermi. Non sente il freddo della lama che le solletica il collo e non capisce perché nessuno interviene. Perché nessuno dà l’allarme con il telefonino?

“Aiutatemi!” grida isterica.

L’uomo con il coltello la tiene stretta e non molla la sua presa, “Stai buona” le sussurra con delicatezza all’orecchio, “Non ti farò del male se non mi costringi a farlo”.

Nel frattempo, la ragazzina che aveva fatto scattare il sistema di illuminazione ritorna alle casse e sale su una in modo che i clienti presenti la potessero vedere.

“Fate come vi dirà” dice l’uomo con il coltello e nello stesso momento le serrande sulle vetrate e sull’ingresso si abbassano.

Da uno dei monitor nel locale di controllo, i due uomini che hanno fatto irruzione nel locale assistono alla sparatoria. Anche Guido riesce a vederla e ha un moto di sgomento quando vede Marco accasciarsi a terra.

Quello che lo aveva minacciato con il coltello gli si fa di nuovo incontro.

“Indicami dov’è l’allarme o ti giuro che esco da questa stanza e faccio una carneficina!”.

Con le spalle al muro, inginocchiato come un condannato, il capo della sicurezza del Centro Commerciale Emiliano non può fare a meno di notare gli occhi dilatati dietro gli occhiali dell’uomo che ha di fronte e pensare che sia pazzo.

“Puoi fare l’eroe” ribatte calmo l’altro con la pistola attirando la sua attenzione, “Ma potrai vivere con il rimorso di tutte quelle persone morte?” gli chiede.

Aveva il pizzo e sembrava un dottore. Gli occhialini rotondi da intellettuale lo facevano sembrare più riflessivo. Almeno in apparenza.

“Sappiamo chi sei e chi sono i tuoi amici” continua, “Tutti delinquenti con precedenti che pensano di riscattare servendo la Dea Giustizia”. Mentre gli parla, agita teatralmente la pistola e Guido intuisce quanto anche la sanità mentale di quest’ultimo sia precaria.

“Sai qual è la differenza tra voi e noi? Noi non cerchiamo nessun riscatto del cazzo”.

Guido si volta lentamente verso i monitor e li fissa. Erano appena le dieci del mattino, c’era poca gente, ma abbastanza da considerare la loro eliminazione come un vero massacro. Chi erano e come facevano a sapere di lui e del passato dei suoi colleghi non se lo spiegava. Avevano tutti dei precedenti, era vero. Avevano commesso reati di cui si erano pentiti e cercavano veramente un riscatto con quel lavoro onesto. Chi era quel bastardo per giudicarli? E poi non si poteva pensare di rapinare un Centro Commerciale in pieno giorno e sperare di farla franca. Anche disattivando l’allarme, la polizia sarebbe arrivata lo stesso, perché sarebbe scattato comunque grazie a un complesso meccanismo che lui stesso aveva visto installare. Loro non lo sapevano o forse volevano incastrarlo.

Riflettendo su quello, Guido pensa di aver avuto una rivelazione. I precedenti con la giustizia li avrebbero condannati senza attenuanti quando la polizia sarebbe arrivata e a nulla sarebbero valse le attenuanti. Una messa in scena, ecco cosa avrebbero pensato gli sbirri! Non avrebbero mai creduto a lui o ai suoi compagni!

Cerca di parlare, ma il bavaglio glielo impedisce.

“Non m’interessa un emerito cazzo di quello che hai da dire” gli dice l’uomo con il pizzo da dottore dandogli uno spintone, mentre l’altro lo fissa ancora da vicino con i suoi occhi da pazzo, “Indicami il bottone. Adesso!”.

Con un cenno del capo, Guido li indirizza a un quadro elettrico in fondo alla stanza dietro il quale c’è una tastiera.

“Combinazione?”.

Guido non sa come rispondere, non vuole in realtà, perché senza il codice, qualsiasi combinazione farà scattare l’allarme. Volevano incastrarlo? Che se la sudassero quei bastardi! Lui non credeva che avrebbero ucciso tutti clienti, ora ne è sicuro. Era una messinscena, lo scopo era rubare i soldi, per questo chiedevano la combinazione.

Cerca di nuovo di parlare, ma stavolta quello che vuole fare è insultarli, ridergli in faccia, perché non riusciranno mai a forzare quel sistema, ne è sicuro.

L’uomo con il coltello si siede al suo fianco. Guido è inerme, incapace di reagire, ma in quel momento ha anche un’altra certezza. Fingevano di essere pazzi perché lui si disperasse, raccontasse quindi una storia assurda agli sbirri che sarebbero poi venuti. Non lo avrebbero fottuto.

“Zero, uno, sei” recita l’uomo che gli sta di fianco, mentre l’altro digita il codice sulla tastiera del quadro elettrico, “Sei, otto, nove, nove, uno. È esatto?”.

“Pare di sì” risponde il complice e Guido, furibondo, cerca di alzarsi per colpire il malvivente con una testata ricevendone invece una lui che lo fa sbattere contro il muro. Fottuto.

Pochi istanti dopo, l’abbassamento dell’illuminazione annuncia la messa in funzione del sistema ausiliario.

“È svenuto?” chiede l’uomo che aveva digitato il codice.

“Credo di sì” risponde l’altro schiaffeggiandolo con forza, “La roba nel bavaglio ha fatto effetto finalmente”.

“Così la piantiamo con le stronzate, anche se ho l’impressione che se ne sia accorto. Prendi la chiave elettrica e apri l’altra porta, io chiudo le serrande e isolo i telefonini”.

L’uomo seduto stacca la chiave elettronica dalla cintura di Guido e si alza avviandosi a un armadietto che apre. All’interno c’è una seconda porta sulla quale c’è una nuova tastiera con un display luminoso. Digitato un nuovo codice, la porta della cassetta di sicurezza si apre rivelando una seconda chiave elettronica. Nel frattempo, il complice aziona la chiusura delle serrande in modo che nessuno potesse uscire, né entrare al Centro Commerciale, dopo, inserendo un cd rom nella console che gestisce la sicurezza, lancia un programma che riproduce disturbi alle frequenze telefoniche sfruttando come ripetitore le piccole antenne delle telecamere di sicurezza.

“Siamo sicuri che funzionerà?” chiede l’altro.

“Solo finché sarà attivo il sistema ausiliario. Pare che il programma giri con basse tensioni”.

“Quindi non lo sappiamo con certezza…che stronzata…”.

 

 

 

“Credi che sopravvivrà?” chiede l’uomo che mastica prosciutto indicando l’addetto alla sicurezza gambizzato.

“Adesso ti preoccupi?” lo rimprovera quello alto che gli sta di fianco, mentre beve un altro sorso della sua birra.

“No, in realtà sono un po’ seccato, perché avevo mirato ai suoi coglioni” ribatte l’altro, “Ma nella fretta ho preso le gambe” e dà un altro morso nervoso al suo prosciutto.

“Perché volevi sparargli ai coglioni?” gli chiede quello con la barba che è seduto dietro di lui su degli scatoloni.

“Questo è quello che molestava i ragazzini”.

“Il bidello?”.

“Sì”.

“Sei sicuro?”.

“Certo che sì!” risponde spazientito l’altro, “Non la dimentico la sua faccia! Rideva pure mentre lo portavano dentro”.

“Porca puttana” commenta l’uomo alto levando la sicura alla sua pistola, “Perché non lo hai finito?” e spara una raffica di colpi sull’addetto alla sicurezza che stramazza tra le grida e lo sgomento dei clienti presenti.

“Piantatela!” urla l’uomo alto agitando la sua pistola, “Avreste fatto lo stesso se fosse capitato ai vostri figli!”.

Così come erano venute, le urla dei clienti terminano improvvise scemando in singhiozzi e bisbigli.

“Tu non hai figli” commenta seccato l’uomo con la barba.

“E che cambia?” chiede l’altro.

Davanti a loro c’erano anche gli altri uomini della sicurezza, svenuti e immobili, che non erano stati destati nemmeno dall’esecuzione del loro collega. Avevano perso grosse quantità di sangue e presto ne sarebbero morti nonostante Luca, il più giovane, prima di perdere i sensi anch’egli, li avesse curati alla meglio come gli aveva suggerito l’uomo con la barba permettendogli di prendere del ghiaccio per applicarlo sulle ferite dei suoi compagni e perfino un laccio emostatico per fermare l’emorragia di Marco.

“Mica vuoi finirli così?” domanda l’uomo che mangia a quello alto e questi soppesa per un po’ la risposta.

Si trovano nel reparto salumi e la maggior parte dei clienti che non era alle casse, compresi i vari commessi radunati dai reparti, era lì con loro e li fissano terrorizzati.

“Perché gli hai sparato?” chiede l’uomo con la barba spazientito, “Adesso come la mettiamo con i testimoni?”.

Scende dagli scatoloni su cui era seduto e comincia a camminare nervoso.

“Lo sai” risponde in tono colpevole l’uomo che mangia, “Quando ho fame sono nervoso e quando sono nervoso…”.

“Non ragioni, sì…” finisce l’uomo alto per lui e gli dà una pacca sulla spalla.

“Ma che cazzo centra?” chiede sbigottito l’uomo con la barba, “La mia domanda era rivolta a lui” dice indicando quello alto, “Non a te!”.

L’altro non ha tempo di ribattere, perché l’uomo con la barba va via subito dopo.

“Dove cazzo va?” chiede quello alto.

“Attenzione prego” annuncia all’improvviso una voce dall’altoparlante, “Vi comunico che c’è una rapina in corso”.

La voce s’interrompe e si sentono degli accenni di risa.

“Che coglione” borbotta quello alto e beve un altro sorso di birra, “Neanche un attimo fa sembrava incazzato”.

“Probabilmente non tutti i presenti sono al reparto salumi” continua la voce, “E sarebbe un vero dispiacere se io o uno dei miei amici lo beccassimo da qualche altra parte, non trovate? Ovviamente questo non vale per quelli alle casse. Lì c’è una festa privata”. La voce si interrompe per nuove risa.

“Perché deve farla così lunga?” dice l’uomo che mangia, “Non può dire quello che deve senza tutti quei giri?”.

“Ognuno si diverte a modo suo, lo sai, no? Papà Nino ha la sua cucina, il Tetto ha la sua filosofia del cazzo, Mr.P le sue donne e il Pastore le sue prediche”.

“Hai dimenticato il Mast e il Nonno” aggiunge l’altro.

L’uomo alto lo guarda con un ghigno, “Il piccolo Mast basta farlo mangiare” dice, “Per quanto riguarda il Nonno” aggiunge, “Lasciategli mettere solo le mani addosso a qualche stronzo” e portando lo sguardo al direttore del Centro Commerciale Emiliano sorride.

 

Raffaele Scotti

 

2 Commenti

  1. è un capitolo che ti lascia con il fiato sospeso, l’ho letto tutto d’un colpo desiderosa di sapere come andasse a finire. Mi sono piaciuti molto i cambi di scena, hanno contribuito a creare suspense e di certo viene una gran voglia di continuare con il prossimo capitolo.

  2. Ottimo…:)…Questo capitolo serviva a presentare meglio i protagonisti che, come forse avrai intuito, sono di “Tarantiniana” inspirazione. Non fermarti con la lettura!


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