CAPITOLO 11 – IL SORRISO VERTICALE
Amaryl era seduta sul suo letto dalle coperte soffici color porpora, mentre lentamente si pettinava i lunghi capelli neri. Mentre li spazzolava distratta i suoi pensieri ritornavano alla cena finita poco prima. Il cibo era delizioso e la compagnia era fantastica come al solito, pensò. Anche quel Seen le piaceva: si poteva vedere subito che lui e suo figlio fossero destinati ad essere grandi amici. Si mise ad osservare i denti del pettine che scorrevano in mezzo alle sue ciocche scure e profumate. Andava proprio fiera dei suoi capelli e soprattutto perché erano l’unica cosa che poteva nascondere l’altra metà della sua faccia, anche da lei. Amaryl odiava vedere il suo viso completamente scoperto, quella bocca storta e orribile era il peggior promemoria degli errori che aveva commesso. Aveva torturato delle povere persone innocenti, reso i loro corpi organismi mostruosi ed indescrivibili e addirittura ucciso se non c’era più nulla da fare per loro. E la cosa peggiore era che non si ricordava nulla di tutto ciò e sentiva che la colpevole fosse semplicemente un’altra Amaryl, ma era lei a dover convivere con i danni, quei terribili danni che era costretta a portare in viso. Amaryl era consapevole di come la guardavano le persone, riusciva a sentire il peso dei loro sguardi come se fossero reali. Ma come poteva aspettarsi che si comportassero diversamente? Era stata una psicopatica e la sua faccia era così anormale da essere inguardabile. Come poteva pensare che sarebbe riuscita ad avere la vita che aveva prima se avesse continuato ad avere la bocca in quel posto. Amaryl sentiva che aveva le potenzialità necessarie per riuscire a perfezionare il proprio viso, l’unica cosa che le serviva era allenarsi ancora un po’. Sarebbero bastate ancora pochissime prove, ne era sicura.
<<No!>> disse velocemente Amaryl, accortasi di ciò che stava pensando. Aveva causato troppi danni a se stessa e agli altri proprio perché voleva sperimentare sulle persone, come poteva ancora pensare a una cosa del genere? Doveva dimenticarsi di tutto, andare avanti e lasciare il suo triste passato alle spalle. Eppure Amaryl continuava a sentire dentro di sé che poteva farcela, se solo avesse avuto ancora un’opportunità, una piccola opportunità. “No, Amaryl, lo sai che se anche ci provassi verresti scoperta. Se un cittadino scomparisse andrebbero subito da te, e come faresti a tenere nascosta la tua cavia?” si disse cercando di tornare alla realtà. Cercò di concentrarsi di nuovo sui suoi bei capelli e cominciò a passare la spazzola più velocemente, cercando di occupare tutti i suoi pensieri nei gesti della mano. Mentre passò sul ciuffo che le poggiava sul viso lo spostò un po’ per sbaglio, e rivide una piccola fossetta e la fine più in basso della sua bocca. Rimase immobile fissando l’estremità di quella cosa che tanto odiava. Ora era lì, la rivedeva, per mesi era riuscita ad evitarla. Le tornò di nuovo la curiosità, voleva rivedere la parte sinistra del suo viso così ardentemente. Ma sapeva che se lo avesse fatto avrebbe cominciato a piangere. “Forse un’occhiata breve non potrà dolermi” pensò, e senza rendersene conto la sua mano era già a metà strada. Quando le dita le toccarono la fronte esitò ancora, voleva davvero rivedere quelle labbra sottili? Voleva davvero guardare quella… quella mutazione? No, non voleva affatto. Ma come spesso accade, ciò che fece il suo corpo non corrispondeva a ciò che pensava di voler fare, e si ritrovò a guardarla di nuovo, quella bocca verticale. Era più grande di come l’aveva prima, i suoi denti erano ancora perfetti e stranamente bianchi. L’inclinazione della mutazione rendeva le sue espressioni ancora più distorte e inquietanti. Del suo occhio sinistro e delle sopracciglia ora non ce ne era la minima traccia. Le fine labbra rosse si curvarono formando un piccolo arco mentre dal suo unico occhio cominciò a scendere una piccola lacrima. Era orribile, si rese di nuovo conto la donna, come avrebbe potuto tener nascosta una cosa del genere per sempre? Certo poteva nasconderla con i capelli ma non riusciva comunque a nascondere la stranezza della sua faccia, non riusciva a spegnere la curiosità degli altri. Solo suo marito la guardava sempre allo stesso modo, solo Ottobre la amava davvero. “Solo lui, adesso” pensò poco prima di cominciare a piangere a dirotto. Era una stupida, si commiserò, solo una povera illusa. Voleva così tanto la vita di un figlio che aveva finito per rovinare sia la sua e che quella di suo marito. E quel figlio biologico, Amaryl lo voleva ancora terribilmente. Certo ora aveva Martin, ma quando lo guardava non riusciva a fare a meno di pensare a cos’era prima, un cane, e di questo si sentì in colpa per anni. Il suo unico figlio, come faceva a non amare il suo unico figlio? Ma dentro di sé Amaryl sapeva la risposta. Quel figlio non era il suo vero figlio, quello che lei voleva davvero era un figlio che fosse sangue del suo sangue, qualcuno che riuscisse a darle vera gioia, qualcuno che la facesse sentire parte di questo mondo.
Ora il suo pianto cominciò a diventare più rumoroso, le lacrime più grandi. A quel punto Ottobre uscì dal bagno con un asciugamano intorno alla vita e andò da sua moglie per consolarla.
<<Cos’è successo amore?>> chiese il marito preoccupato avvicinandosi <<Non sarai di nuovo triste per il tuo viso spero. Lo sai che sei bellissima comunque>>
Sentendolo entrare Amaryl si voltò e vide le cicatrici dei suoi errori che anche lui era costretto a portare. Dalle sue spalle scendevano due lunghe aperture che arrivavano fino a sotto le costole. Queste sembravano bocche a causa dei numerosi denti ma avevano la stranezza di non avere le labbra, semplicemente la pelle del suo busto ad un certo punto diventava più rossa come le gengive per poi ospitare la dentatura verticale. Per riuscire ad ospitare le due mandibole, il suo corpo divenne più largo del normale in quanto ora doveva portare due mascelle enormi che si aprivano sulle spalle. Ottobre riusciva anche a muovere e utilizzare le due bocche enormi e situate al posto sbagliato ma aprirle del tutto gli provocava dolore. Fortunatamente al ministro non era mai pesato molto il fatto di dover portare quelle mutazioni sul proprio corpo. Certo neanche Ottobre passava del tutto inosservato tra la gente ma di questo a lui non importava. L’unica cosa che contava nella sua vita era sua moglie, tutto il resto riusciva ad ignorarlo tranquillamente se nei suoi pensieri c’era lei: la sua amata Amaryl. Quanto gli faceva male vederla così triste e così tanto spesso!
Ottobre si avvicinò all’angosciata e la strinse stretta tra le sue braccia forti.
<<Sono orribile! Orribile! Hai visto come mi ha guardato anche quel Seen stasera? Non potrò mai cambiare ciò che ho fatto e questa faccia, questa faccia lo ricorda soltanto>> disse la strega singhiozzando.
<<Va tutto bene piccola, sei bellissima lo sai. Sei stupenda>> le rispose l’uomo cercando di consolarla e, nonostante la parte sinistra del volto di lei, credeva fermamente alle sue parole. Ottobre trovava meravigliosa Amaryl. Sin da quando aveva 5 anni, anche dopo che torturò tutti quegli innocenti, l’avrebbe amata sempre e comunque. Lei era perfetta e stupenda, nel modo in cui era diversa dagli altri, nel modo in cui osservava il mondo, anche nel modo in cui piangeva. Non avrebbe mai cambiato nessuna cosa di lei, neanche il suo passato. “Lei è Amaryl” si disse Ottobre “ ed è perfetta”.
Martin aveva sempre odiato quando sua madre piangeva perché ogni volta si sentiva inutile in quanto non c’era nulla che lui potesse fare per aiutarla. Odiava che Amaryl dovesse portare quella faccia, odiava che le persone la guardassero con disprezzo o orrore, ma odiava altrettanto anche il suo passato cruento. Ciò che sua mamma aveva fatto da giovane Martin sapeva che era sbagliato e orribile, ma nonostante anche lui avesse timore di quel suo lato malato, non poteva fare a meno di volerle bene. Martin si affacciò alla finestra di camera sua, la aprì, la scavalcò, e in un attimo si trasformò in una piccola civetta marrone pronta a sorvolare la città. Dopo un po’, quando fu distante qualche decina di metri da terra, intorno a lui fu solo silenzio. Quanto si sentiva a sua agio a stare sopra i palazzi invece che nelle loro strade! Ora che era notte, il giovane poteva notare perfettamente il contrasto tra l’atmosfera lungo le vie e quella pochi metri sopra: sotto di lui era ancora pieno di luci e persone, i palazzi illuminati avevano le tessere dei loro mosaici che scintillavano rendendo il paesaggio pieno di luccichii sia delle stelle che dei muri. Inoltre, vi era un grande via vai di streghe, elfi, umani, fauni eccetera, mentre sopra di lui c’era solo il cielo stellato e la luna, il che gli trasmetteva una profonda tranquillità. Sarebbe stato bello far provare la stessa pace a sua madre, pensò Martin. Dopo pochi minuti era riuscito a raggiungere il bosco azzurro il quale, a differenza della città, aveva davvero quel colore. Gli alti pini erano ricoperti da aghi blu, viola, bianchi o neri e avevano un odore buonissimo. Martin si poggiò su un ramo ammirando il paesaggio. Davanti a sé vedeva il vasto panorama di abitazioni dove tra tutte risaltava imponente la statua di Annabell, a destra la Montagna Dalfan e a sinistra il mare con i tre regni in lontananza. “Ora sì che si stava bene” si disse il ragazzino, lontano da tutto il caos e dal pianto di sua madre.
“Chissà per quanto andrà avanti questa storia” pensò Martin. Certo sua madre era in una brutta situazione ma poteva ancora riprendersi e cercare di ricostruire una nuova vita invece che rimanere attaccata al passato. Non era neanche così brutta dopotutto, certo la sua bocca storta non era una cosa da poco, ma in compenso tutti dicevano che aveva ancora un bel fisico e dei capelli invidiabili. Eppure continuava a ritornare a piangere periodicamente. Ricorda ancora quando una volta da bambino le aveva proposto di usare lui come cavia su cui testare la sua magia e trovare una soluzione per il suo aspetto. Se non fosse stato per suo papà, che la bloccò giusto quando stava per recitare una formula magica, adesso si troverebbe probabilmente nella sua stessa situazione. A quel tempo era ancora molto giovane e credeva che quella fosse un’idea geniale, ma adesso capiva che farsi usare in quel modo da Amaryl sarebbe stato orribile e doloroso. Ancora non riusciva a capire come mai ella invece era disposta a seguirla. “Si era sicuramente lasciata prendere dalla disperazione” si convinse Martin ricordando il sorriso verticale stampato sul suo viso. D’altronde non c’era nulla che potesse fare a riguardo quindi preferì osservare il paesaggio ancora un po’ distraendosi per poi tornare a casa. Mentre osservava la luna, fu difficile riuscire a sentire il gufo-unicorno avvicinarsi alle sue spalle pennute. Le dimensioni del rapace erano nettamente più grandi delle sue e quindi inizialmente si lasciò prendere dalla paura, ma quando i lunghi artigli stavano per afferrargli il collo si trasformò in una tartaruga. Le lame dei piedi del grande pennuto bianco sbatterono contro il guscio duro, la tartaruga vestita cadde nel vuoto e atterrò sotto forma di pettirosso. Il gufo-unicorno precipitò sulla sua preda ma l’animale che si ritrovò di fronte non era più una civetta ma un giovane lupo grigio con indosso un pigiama. Dopo che il cacciatore notturno se ne fu andato, Martin decise che era l’ora di tornare a casa, quindi provò a trasformarsi in un gufo-unicorno e ci riuscì. Con il nuovo corpo cornuto e alato spiccò di nuovo il volo. Quando arrivò a casa notò che il dodo Rere stava cercando di scavalcare il muro del giardino sul portico per vedere cosa c’era sotto. Era in questo modo che avevano perso il loro secondo dodo, Mimi, dopo il quale suicidio accidentale Ottobre provvide a far alzare il parapetto. Atterrò sul prato soffice e si trasformò anche lui in quell’uccello stupido. Rere si girò guardandolo di lato e con dei saltelli dall’aria grassa si avvicinò al nuovo dodo arrivato. Rimasero a fissarsi per un po’ fino a quando l’animale emise il suo verso che ricordava quello di un pollo e un urlo di una persona. L’uccello ingombrante fissò il giovane in attesa di risposta e lui rispose con un <<Guahh!>> identico. Quasi sorpreso, Rere rispose con un “Guahh” ancora più forte e così fece l’altro. Ora il pennuto sembrava felice, quindi continuò a fare il suo verso ottenendo la stessa risposta.
<<Guah!>> fece Rere.
<<Guah!>> rispose il dodo Martin curioso e divertito dalla buffa conversazione.
<<Guah!>>
<<Guah!>>
<<Guah!>>
<<Guah!>>
<<Porca merda Martin!>> urlò Idan dalla finestra di sotto <<Se scopro che sei tu a infastidire Rere giuro che ti spacco quella cazzo di faccia a forza di pugni!>>
<<Idan! Non usare questo linguaggio puerile!>> urlò invece Melfox dall’altra stanza.
<<Scusa mamma. Va a dormire Martin! >>
Mentre ascoltava tutti quei versi sconosciuti, Seen stava morendo di paura. Trovava sembrassero delle urla di qualche ammalato impazzito, ma dopo le urla ancora più forti della strega fu in grado di addormentarsi di nuovo. Dopo quella lunga giornata e la notte passata praticamente in bianco, nonostante le poche ore di riposo, il potentissimo caffè che le aveva servito a pranzo Mel e l’eccitazione del giorno, il ragazzo ci mise pochi secondi a ritornare nel mondo dei sogni abitato da Erien.
Quando Martin fu di nuovo sotto le coperte, Ottobre stava già dormendo, mentre Amaryl era sveglia sdraiata a fianco a lui e con Seen nei suoi pensieri. “Quel ragazzo”, pensava, “quel ragazzo è perfetto”. Non aveva un corpo, quindi era facile da nascondere e non sarebbe mai riuscito a liberarsi se lei lo avesse intrappolato. Veniva da Rendia quindi era molto difficile che avesse una strega come parente. Inoltre, nessuno nella città era a conoscenza della presenza di Seen e i suoi vicini si fidavano di lei. Come aveva fatto a non notarlo prima? Con quel giovane tra le sue mani aveva la cavia perfetta per allenarsi e riuscire a riprendersi il suo vero aspetto senza che nessuno se ne accorgesse.
Senza fare alcun rumore, Amaryl si alzò dal letto e si assicurò che la sua famiglia stesse dormendo. Poi la strega salì le scale e andò nella sala da cena per poi scendere le altre scale che portavano nell’appartamento di Melfox. Furtiva come un ladro, trovò Seen che dormiva in un cassetto con un cuscino. Aveva l’aria così innocente e innocua, pensò la donna, faceva proprio al caso suo. Prese la giovane testa tra le mani cercando di non svegliarlo e altrettanto veloce andò nella cantina dove sapeva che nessuno l’avrebbe sentita.
Una volta raggiunta la stanza buia, accese un po’ di candele e si mise ad osservare il suo bottino. Sentiva che era destino che quella cavia gli capitasse tra le mani. Ora non doveva fare altro che provare, provare a mutare anche lui. Voleva provare a spostargli la bocca mettendola come ce l’aveva lei, e da lì l’avrebbe rimessa al suo posto. Facile e veloce, e se riusciva a fare tutto senza svegliarlo sarebbe anche riuscita a rimetterlo a posto come se nulla fosse accaduto. Si spostò i capelli dietro alle orecchie per vedere bene l’operazione. Poggiò le mani sull’ignaro Seen e cominciò a formulare le parole magiche e mentre le diceva cominciarono a salirle dubbi su quello che stava facendo.
<<Malas… >> “Sei sicura che la passerai liscia? Hai già fallito una volta” chiese una voce dentro di lei. “Sì” rispose a se stessa.
<<… frenli …>> continuò a dire mentre le sue mani cominciavano a diventare luminose, ”Sei sicura che ti meriti un bell’aspetto più di lui?” chiese di nuovo la sua coscienza “No, ma non posso continuare a vivere così, e probabilmente lo farò tornare come prima se sarò abbastanza brava”
<<…guxoss…>> ora anche le braccia erano luminescenti “Non mentire a te stessa, lo sai che quando lo muterai si sveglierà e che poi dovrai ucciderlo” si disse “non ho altra alternativa, o lui o me” si rispose.
<<…deflis…>> disse con gli arti così luminosi che potevi vederci dentro le ossa e le vene ”Puoi ancora tornare indietro. Lo sai. Ne vale davvero la pena? Ne vale davvero, Amaryl?!” non le servì parlarsi mentalmente per rispondere alla domanda perché lo fece già a voce alta finendo di pronunciare la sua formula magica.
<<..marisanduris!>> La luce nelle sue braccia si convogliò nelle sue mani a contatto col viso di Seen, dopo passò direttamente al ragazzo facendo diventare la sua faccia rosa chiarissimo. Fu a quel punto che si svegliò e vide ciò che stava succedendo e mutando. Amaryl lo stava guardando con uno sguardo malato e dove dovrebbe esserci stato un occhio c’era una bocca che sorrideva. Seen cominciò ad urlare per la strana sensazione che sentiva alla faccia, ma non fu l’unico a farlo. La strega staccò le mani dal viso del ragazzo come se fosse stata una pentola rovente e fece dei passi indietro barcollando. Non le era mai capitata una cosa del genere, si accorse la strega, l’unica volta aveva provato dolore nel mutare qualcuno era stato quando stava mutando il carpentiere. Ma a differenza delle altre volte, il ragazzo sottoposto alle sue trasformazioni non era cambiato per niente, aveva solo un’aria spaventata e confusa. Fu solo quando entrarono gli altri nella stanza che Amaryl notò ciò che le era accaduto. <<Le mie braccia! Le mie braccia!>> urlò la strega piangendo in preda alla disperazione. Ora gli arti di Amaryl non erano più “umani”. Gli avambracci erano diventati grandi e più spessi delle gambe e lungo la loro pelle spuntavano dita, occhi, bocche e alcuni ciuffi di capelli. <<Noooo!>> urlò mentre si accasciò a terra continuando ad urlare e piangere. Ora non avrebbe più potuto uscire di casa, pensò la deformata, quelle braccia erano troppo grandi per essere nascoste e troppo orrende per essere portate. Quando distolse lo sguardo da quei sguardi che si trovavano dove prima c’era pelle notò che non era più sola con Seen. Suo marito, ancora a petto nudo e con le 2 file di denti digrignanti in vista , stava allontanando Idan e Melfox con un coltello mentre continuava ad urlare disperato con tutte e tre le bocche che possedeva << Scappa Amaryl! Scappa ti prego!>> Vedendo che sua moglie non si muoveva, corse incontro alla strega con le fauci spalancate e agitando il coltello <<Andate via!>>.
A quel punto Melfox alzò il braccio e disse <<Mi dispiace Ottobre ma questo è troppo per entrambi. Guvilis!>> Quando pronunciò l’ultima parola dalle sue mani partì un raggio di luce rossa che colpì l’uomo nel petto scagliandolo addosso al muro. Dopodiché si voltò a guardare come si era ridotta Amaryl. Il suo sguardo coperto dagli occhiali scuri e le rughe tese sulla fronte le conferivano un’aria dura e impassibile. <<Non troverai mai il perdono per ciò che hai fatto. Domani tu e tuo marito verrete processati e avrete ciò che vi meritate>> Poco dopo arrivarono delle guardie che sollevarono la debole Amaryl e l’Ottobre svenuto. <<Come avete fatto a scoprirmi? Come?>> chiese impazzita Amaryl. Mentre usciva dalla casa con le guardie che le tenevano strette le braccia per portarla in prigione vide Martin che la guardava dalla finestra dell’appartamento sbagliato. <<Tuu!>> urlò dalla bocca verticale e dalle nuove bocche che si erano formate sulle sue braccia <<Tuuu! Non sei mio figlio! Sei un animale! Un traditore! Un codardo! È tutta colpa tua! Dovevi stare zitto! Martin! Martin!>> Lungo tutto il tragitto fino alle segrete per tutti i vicoli si sentì urlare il nome di Martin dal coro disperato emesso dalla strega mutata, mentre Martin non sapeva più se poterla considerare ancora una madre.
Quando tutto fu più tranquillo, Melfox invitò l’unico vicino rimastole a dormire a casa sua. Dopo avergli rimboccato le coperte gli diede un bacio e gli disse <<Non preoccuparti piccolo, ora ti adotteremo noi. Andrà tutto bene>> e Idan aggiunse <<In un certo senso siamo sempre stati fratello e sorella, no?>>. Martin ora voleva solo dormire, ma gli dava piacere farlo in un letto con quell’odore nuovo, quell’appartamento non suo, quella nuova famiglia che finalmente gli avrebbe voluto bene.
Thomas Belvedere
Ma come ti viene in mente tutto questo? ahahaha dai è bellissimo, anche se speravo che Amaryl invece di spostare la bocca a Seen gli facesse crescere un corpo xD Comunque si capisce che Seen è molto speciale!