Beheaded: Cena (Cap. 10)

CAPITOLO 10 – CENA

Seen era a casa della sua salvatrice seduto sul tavolo, supponendo che stare appoggiati sul proprio collo si possa chiamare essere seduto. Oltre a lui vi erano Moon, Idan, Melfox e gli altri inquilini di quella casa ad arco a sesto acuto: Martin, Amaryl e Ottobre. L’assenza di Raymond era dovuta al fatto che questi era stato inaspettatamente, e anche un po’ malvolentieri, invitato a cena da suo figlio. Ottobre era uno dei nove ministri ed un uomo muscoloso e con delle spalle larghe, pelato e con gli occhi verdi. Era anche imparentato con Melfox in quanto suo fratello. Martin era il figlio, un giovane ragazzo che riusciva a trasformarsi in un animale qualsiasi <<Ma solo a costo che io lo abbia toccato almeno una volta>> aggiunse quando Seen gli chiese di trasformarsi in un unicorno. Amaryl era la madre di Martin e moglie di Ottobre, era una donna sulla quarantina ma con un aspetto ancora giovane, aveva dei capelli lunghi, neri e setosi con il ciuffo che andava a coprirle tutta la metà sinistra del viso. Il suo mezzo sguardo era magnetico grazie alla bellezza del suo unico occhio scoperto. Amaryl era una donna affascinante ma c’era un’importante particolare che la rendeva particolarmente strana o addirittura brutta in quanto sopra il suo mento non c’era la presenza di una bocca, ma semplicemente pelle. Idan aveva spiegato a Seen, prima che gli ospiti arrivassero, che Amaryl aveva un problema al viso. Era successo tutto anni fa, quando lei era ancora piccola. Quando Amaryl si sposò con Ottobre erano molto innamorati, soprattutto il marito. Dopo qualche mese assieme decisero di avere un figlio assieme, anche perché per essere uno dei nove ministri bisogna avere un figlio (questa regola fu decisa per spingerli a pensare di più alle future generazioni), ma sfortunatamente scoprirono che Amaryl era sterile dopo aver tentato molte volte. Ma lei non si diede mai per vinta, provò pozioni, rituali e tutto il possibile immaginabile pur di averne uno e alla fine decise che l’unica maniera era quella di provare a mutarsi. Come spiegò Idan, Amaryl era la maga più esperta sulle mutazioni, anche le mutazioni dell’Artigiano erano state fatte da lei. Poteva aggiungerti braccia in modo da facilitarti la vita, modificarti le labbra in modo da essere più attraenti o modificarti i polmoni in modo da farti respirare meglio. Erano in moltissimi a chiedere i suoi servizi, ma il suo punto debole erano le streghe. Non era in grado di applicare mutazioni su persone con poteri magici o anche solo ai loro parenti. Lo scoprì a caro prezzo quando un carpentiere, figlio di una strega, le chiese di fargli ricrescere il piede che aveva perso in un incidente. Il risultato fu orrendo. Invece di far ricrescere il piede, la gamba dell’uomo si allungò fino ad avere 5 ginocchia con alluci che spuntavano sparsi dalla sua pelle. L’unica soluzione fu di amputargli gran parte la gamba e di mettergli una protesi. Da quel giorno le fu bandito di fare mutazioni a qualsiasi persona. Quando decise di provare a modificare il proprio grembo per riuscire a concepire ricominciò a mutare persone in modo da riprendere in mano la sua arte magica, ma stavolta non erano più gli altri a chiederglielo ma lei a imporlo. In quel periodo scomparvero molti senzatetto a causa dei suoi esperimenti e passò molto tempo prima che giungessero a lei. I malcapitati che non avevano legami con streghe venivano cambiati perfettamente e riportati alla normalità. Amaryl riusciva ad aggiungere e togliere loro arti a suo piacimento senza problemi, ma le persone imparentate con streghe o elfi ne uscivano fuori con una terribile agonia e un aspetto più simile a quello di un albero che a quello di un umano. Quando la strega fu scoperta la condannarono alla perdita di memoria fino all’anno precedente in modo che dimenticasse tutto ciò che la portò a fare quello che aveva fatto, ma mentre era in cella decise di provare finalmente a mutare se stessa. Ne uscì fuori con 5 occhi, un braccio che si apriva in mezzo come fosse una bocca fina e una gamba spessa il triplo. Provò e riprovò a mutarsi per tornare normale facendo esperimenti anche sul marito che si sottopose volontariamente. Si dice che il motivo per cui ora Ottobre avesse delle spalle larghe sia proprio per le prove della moglie impazzita. Il miglior risultato che Amaryl riuscì a ricavare dai suoi incantesimi fu la faccia che ha adesso. Si dice che la sua bocca sia nascosta dietro il ciuffo scuro che porta. <<Infine si fecero aiutare da una strana strega e trasformarono il proprio cane in un ragazzo e ne uscì quel ragazzino stupido di nome Martin che conoscerai stasera. Martin può trasformarsi in altri animali a suo piacimento perché riesce a controllare la magia che gli è stata applicata quando era ancora un cane>> disse Idan concludendo la sua storia sul terribile passato di Amaryl, passato di cui lei non era totalmente a conoscenza.
In parte per la spiegazione fattole mezz’ora prima, in parte per la faccia senza bocca, quando Seen vide Amaryl per la prima volta si sentì subito terrorizzato e subito dopo in colpa. D’altronde aveva perso la memoria su tutto ciò che era accaduto, non è la stessa persona che aveva mutato dei poveri barboni, in un certo senso, pensò Seen per tranquillizzarsi.

A Martin Seen stava simpaticissimo. C’erano molte cose che gli piacevano di lui: innanzitutto era una testa e, oltre a quello, aveva gli occhi pieni di ammirazione quando gli parlava del suo potere magico e questo lo faceva sentire speciale. Quando si trasformò in un piccolo pettirosso, Seen non riuscì a fare a meno di esprimere un “wow” come quello di un bambino. Era bello vedere qualcuno che apprezzasse a pieno la sua magia, pensò, ormai tutti quelli che lo conoscevano non lo trovavano più così tanto interessante. Dopo essersi conosciuti un po’ meglio, i due cominciarono a parlare come due ragazzine che parlano di Simon Engarion. Si raccontavano storie, avventure o cose strabilianti che avevano visto. Era molto interessato a sapere cosa succedeva oltre il mare, nella terra degli umani e dei loro castelli immensi. Quella serata pareva già essere perfetta, ma quando sua madre e sua zia portarono da mangiare, Martin si dovette ricredere perché era riuscita a migliorare ancora. Da mangiare c’era infatti una zuppa fatta da un lobello. I lobelli erano delle creature fantastiche, avevano il corpo molto più largo di quello di un uomo perché avevano 4 stomachi. Tutti quegli organi gli servivano per ricavare essenzialmente le sostanze che gli servivano per restare vivo e per lasciare al bozzo digerito i migliori sapori. Quello che non digerivano, i lobelli lo facevano uscire dalla propria bocca ed il risultato era una pietanza deliziosa. Era così che questi erano riusciti a sopravvivere anche prima della civilizzazione. Niente li avrebbe uccisi per mangiarli perché tutti gli animali, comprese le persone, andavano matti per i loro prodotti. Ci fu addirittura un periodo in cui furono schiavizzati, ma se messi sotto troppa pressione e stress i i lobelli si ammalavano facilmente. Fu per questo motivo che 3 secoli prima, quando Gabinele Engarion cercò di segregare tutti i lobelli così da farne la propria mandria personale, la popolazione delle creature fu decimata fino a quasi estinguersi. Un tipico lobello viveva fino ai 50 anni, aveva la pelle chiarissima come la vaniglia e soffice come un soufflé, una grande pancia con due rigonfiature invece di una, tre dita tozze per mano, una corta coda dalla forma ovale, una testa pelata come un’anguria, degli occhi piccoli come l’uvetta, una bocca grande in grado di contenere un pollo intero, due file di denti per masticare e rimasticare bene ciò che mangiavano, e un doppio mento spesso come 2 polpettoni che gli arrivava fino a dietro la testa.

Il piatto che era stato servito a tavola aveva un aspetto tutt’altro che invitante: era tutto liquido e con un colore azzurrino e una consistenza come il miele. Martin prese in mano il cucchiaio, raccolse un po’ di quella zuppa fatta da un lobello e se lo mise in bocca. Il sapore che gli riempì era 100 volte più squisito di tutto ciò che aveva mai mangiato prima di allora. Sembrava che il “cuoco” avesse preso tutti gli ingredienti e avesse tolto tutto tranne l’essenza del sapore. Riusciva a sentire le carote e la zucca unite ai mirtilli come se fossero musica che partiva dalla bocca e si diffondeva in tutto il corpo. Dopo aver deglutito quella sostanza prelibata gli sembrava di aver fatto un viaggio che iniziava dalla punta della sua lingua fino al fondo del suo stomaco e che lo aveva portato a vedere terre lontane e fantastiche. Anche gli altri sembravano colpiti da tutta quella bontà. Tutti tranne Idan che doveva ancora assaggiarlo.
<<In pratica questo è vomito, no?>> disse la strega con un’espressione schifata.
<<Normalmente si preferisce considerarlo miele ma d’altronde la si può vedere anche come dici tu>> rispose Amaryl.
Finalmente Martin era riuscito a trovare una debolezza in Idan e non esitò a sfruttarla.<<Oh! Idan ha paura del cibo! Ma tu guarda che cosa strana!>> la canzonò. A quel punto lei lo guardò dritto negli occhi e senza neanche distogliere lo sguardo prese in mano il suo cucchiaio e assaggiò il vomito di lobello. Il viso che fece poi era degno di un dipinto. La sua faccia prese subito un’espressione di sorpresa per poi trasformarsi e prenderne una rilassata come quando si entra dentro delle acque termali.
Il resto della Serata Seen la passò a parlare allegramente con Martin come se non ci fosse differenza di età, Melfox continuò a parlare assieme a Amaryl e Ottobre essenzialmente di politica. Idan la passò a canzonare Martin quando poteva e ad aggiungere qualcosa nei discorsi degli “adulti” e Moon ascoltando i discorsi degli altri in base a quali stava partecipando la sua fidanzata. Stavolta per mangiare Seen aveva usato una lunga cannuccia di cristallo, la stessa cosa fece Amaryl, tenendo sempre nascosta la bocca.

Nel frattempo Raymond era a tavola con suo figlio in un ristorante dall’aria che, dopo tutto ciò a cui aveva assistito quella giornata, al baffuto sembrava stranamente normale. Mentre lasciava che suo figlio dava le ordinazioni ad un cameriere muscoloso con un unico baffo a manubri sopra le labbra,  il padre si mise ad osservare la sala. La struttura era a forma di cerchio e la stessa cosa valeva per i tavoli e alcuni quadri affissi al muro, sembrava quasi di essere a Roundigham di cui era caratteristica la forma circolare. Finito di parlare con il cameriere, il giovane Carlin si rivolse al padre <<Non puoi sapere quanto sia felice di vederti qua!>>
In tutta risposta Raymond alzò alto il suo sopracciglio guardandolo storto.
<<Oh dai!>> protestò Carlin <<Non mi hai ancora perdonato da quella volta? Lo sai che non era nulla di personale! E poi ora sei qui che te ne im->>
<<Mi hai fatto perdere la testa quella dannatissima volta!>> si arrabbiò Raymond.
Carlin sembrò fare il dispiaciuto <<Scusa. Lo sai come sono io. D’altronde mi hai educato proprio tu così. “Il buon marinaio sfrutta sia il vento che i marinai” mi dicevi da piccolo>>
<<Un buon marinaio non fa il traditore>> disse arrabbiato.
L’altro lo guardò quasi incredulo<<Traditore?! Io?! Fino a prova contraria sei stato tu a essere stato accusato per tradimento alla corona. Non ero io che rubavo le tasse che spettavano al re. Non ero io quello che aveva nascosto la nascita di decine e decine di agricoltori per prendermi le loro tasse per persona. Certo devo ammettere che ricevere tasse meno pesanti da persone “inesistenti” è stato un bel piano: nessuno si lamentava di darle e nessuno di chiederle. Ma ciò non ti da certo il diritto di chiamare me traditore!>>
Raymond lo guardava serio come se cercasse di ucciderlo con lo sguardo e disse <<Tu mi hai rubato tutto il denaro che avevo accumulato col mio duro lavoro e poi mi hai pugnalato alle spalle rivelando tutto ai Millow. Questo è stato un tradimento>>
<<Oh dai! Non è mica la prima volta che vieni tradito da un tuo caro. E vorrei ricordarti che ti avevo lasciato abbastanza denaro per ricominciare tutto da capo o continuare ciò che stavi già facendo. Sei stato tu a spingermi a parlare dei tuoi reati ai Millow. Avevi già mandato alcune guardie a prendermi e so già che avresti potuto uccidermi per ciò che ti avevo preso. Hai sempre dato più importanza all’oro che alle persone, figurati se mi avresti lasciato vivo>> disse Carlin con uno sguardo stranamente tranquillo e un piccolo sorriso sull’estremità sinistra delle labbra.
<<Sei mio figlio! Non ti avrei mai ucciso!>> controbatté ad alta voce.
<<Senti padre, fin da bambino mi hai insegnato che se un’animale ti mangia il raccolto devi eliminarlo prima che ritorni più affamato. Hai fatto ammazzare persone per molto meno. Figurati se non avresti ucciso me>> protestò il giovane cercando di tenere bassa la voce, sperando di spingere il padre a fare lo stesso.
<<No, non è vero, lo sai. Tu sei mio figlio. Ti ho cresciuto e ti ho voluto bene>>
<<È proprio per questo che ho fatto quello che ho fatto. TU mi hai educato in questo modo. TU mi hai sempre spinto ad avere rapporti con gli altri solo se potevano fruttarmi. TU mi hai reso un bambino solo. TU mi hai sempre spinto ad usare al meglio le cose, le informazioni e le persone. TU mi hai reso un traditore. La colpa è solo tua!>> Man mano che ripeteva “tu” la sua voce andava alzandosi e la calma perdendosi.
Raymond era diventato rosso in faccia e aveva lo sguardo più feroce che tutti in quel ristorante avessero visto. Dopo un po’ urlò facendo voltare tutti i presenti verso il loro tavolo <<Mi hanno tagliato la testa! Hai la minima idea di cosa si prova? Ad avere una lama fredda che ti passa tra la carne e le ossa e ti stacca il collo? Sai cosa si prova a morire?>>
Carlin vide la rabbia nel volto di quell’uomo e decise di tranquillizzarsi per primo. <<Senti, ora siamo vivi entrambi, è questo che conta. Inoltre ci troviamo in una situazione che potrebbe portare oro nelle tasche di entram->> si interruppe per sorridere alla cameriera che in quel momento aveva poggiato le loro ordinazioni sul tavolo.
Raymond non poteva fare a meno di notare come anche il piatto e ciò che c’era dentro fosse a forma di cerchio. Sotto i suoi occhi c’erano dei pancake con sopra burro d’arachidi, spalmato in modo da formare due circonferenze, una fetta tonda di formaggio e delle arachidi sparse sopra. Dopo aver notato come il cibo fosse tipico della cucina roundighiana disse <<Ti sei convertito alla Sferita o ti sei appassionato di cerchi?>>
<<Vedo che lo hai notato. Questo è un ristorante di cucina di Roundigham, non è l’unico ristorante così. In tutto ci sono 5 ristoranti roundinghiani nell’isola, 4 di Vollinsense e 2 di Rendia. E sono tutti di mia proprietà. Ho scoperto che qui vanno tutti matti per i cibi degli altri paesi, un po’ come da noi per la cucina di Badirir, solo che qui sono molto più appassionati. Inoltre a molti immigrati dei tre regni manca il loro cibo natale. Non credo mi serva dirti come sia stato facile fare fortuna>> Rimasero muti a guardarsi per un po’, il padre con uno sguardo irritato mentre il figlio cercava di capire se era ancora arrabbiato per prima o per qualcos’altro. Quindi Raymond disse in tono severo <<Come diamine pensi che posso mangiare se non ho le mani?>> Resosi conto, Carlin arrotolò un pancake e glielo ficcò in bocca. Dopo un lungo e imbarazzante momento mentre l’uno imboccava l’altro e l’altro cercava di mangiare abbastanza velocemente prima che l’uno gli dava un altro pancake, l’altro disse <<Come hai fatto a venire a conoscenza di Dilganda? È un’isola invisibile.>>
<<Veramente non è sempre stata invisibile. Circa trent’anni fa, quando io avevo due anni, ti ricordi di quell’incendio di carte geografiche in ogni città? Lo stesso anno in cui arrivarono più navi da Badirir piene di profughi per una rivolta o qualcosa del genere? E ti ricordi di come molti di questi immigrati avessero un aspetto decisamente non di Badirir?>>
L’altro annuì.
<<Avevo sempre trovato strani quegli eventi, quindi cercai un po’ di informazioni in biblioteca e scoprii che molte pagine di alcuni libri furono strappate. Provai allora a visitare un’altra biblioteca per poi scoprire che anche lì alcuni libri non avevano più alcune pagine. Cercando in diverse altre biblioteche ritrovai la stessa caratteristica e nessuno sapeva darmi delle spiegazioni a riguardo. Non riuscivo proprio a spiegarmi questo fenomeno. Sentivo che tutto questo era connesso.  Quindi dopo giorni di ricerche trovai un libro completamente intatto e scoprii che le pagine che negli altri non c’erano più parlavano di un’isola chiamata, appunto, Dilganda. In seguito riuscii a trovare altri libri ancora nascosti negli scaffali più polverosi dei monasteri più antichi e tutti parlavano dello stesso posto. Trovai persino alcuni quadri dove era stata dipinta questa strana isola in lontananza la quale non si vedeva se ci si affacciava dalla costa. Quindi cominciai a domandarmi “Come ha fatto a sparire un’isola così nel nulla? Anzi, chi l’ha fatta sparire?”. Sfortunatamente nessuno ne sapeva nulla. In seguito successero tutte quelle cose tra me e te. Con i soldi presi comprai una nave e ingaggiai degli uomini per partire verso i confini del mondo, ma dopo ore di viaggio ci scontrammo addosso alle mura della città Azzurra dove i cittadini ci accolsero e io feci fortuna con questi ristoranti e i miei uomini come miei cuochi. Una volta qui scoprii tutto il mistero che si celava dietro a Dilganda. Uscì fuori che i Badiresi arrivati 10 anni fa venivano da qui. La grande regina Annabell, quando decise di costruire le mura e radunare le creature magiche per salvarle dai nostri roghi, fece scegliere agli umani se restare qua per sempre o andare in uno dei tre regni. Questo è anche il motivo per cui qua è pieno di questa gente strana. Insomma, dopo essere approdati sulle nostre coste, i finti Badiresi, aiutati da un bel po’ di streghe e da Annabell in persona, bruciarono le mappe e strapparono le pagine che parlavano di Dilganda dai libri. Dopodiché Annabell e le altre streghe prepararono più pozioni perdi-memoria possibili e poco alla volta ci fecero dimenticare tutto ciò che sapevamo dell’isola. Non a caso in quel periodo molte persone persero alcune memorie sulla loro infanzia o su altre parti della loro vita. Ecco, ora sai anche qualcosa di più sulla storia di Dilganda. Contento? >>
Perplesso Raymond rispose <<Perché mi stai dicendo tutte queste cose?>>
<<Che intendi dire? Sei tu che me le hai chieste.>>
<<Lo sai che più informazioni mi dai su di te, più è possibile che io ti usi. Dimmi perché mi stai raccontando tutto>>
Carlin sorrise. Come poteva pensare di poter nascondere qualcosa a quel vecchio? Chiamò la cameriera e ordinò un liquore ai mirtilli e alla ciliegia. <<Volevo riguadagnarmi la tua fiducia. Speravo che mostrandomi aperto e disponibile ce l’avrei fatta. Ti avviso che ti servirà tenerti forte per ciò che sto per proporti. Oh, dimenticavo! Non puoi. Ecco, prendiamo questo prima di parlare d’affari>> Riempì un bicchiere a ciascuno con quel liquido alcolico rosso scuro e dal sapore dolciastro, lo fece bere a entrambi e dopo esserselo gustato spiegò la sua proposta al suo vecchio.

I due strateghi passarono ore a parlare, pensare, discutere, pianificare, litigare e a decidersi. Quello che gli stava proponendo suo figlio, pensò Raymond, avrebbe determinato la vita di molti e ne avrebbe anche terminate. Il piano suonava sensato, sembrava che Carlin avesse pensato a ogni cosa, e gli ci era voluto un solo pomeriggio per decidersi. Probabilmente aveva già programmato qualcosa del genere e stava solo aspettando il momento giusto per andare in azione, momento che, in effetti, era finalmente arrivato. Si rese conto di quanto suo figlio fosse davvero cresciuto, lo avevo tradito, certo, ma cominciava a provare una sorta di fierezza per il giovane adulto. Vedeva se stesso in lui ma in modo diverso, migliore forse. Non si fidava ancora di Carlin, ovviamente, ma se tutto fosse andato come doveva andare tutti e due sarebbero rimasti soddisfatti senza il bisogno di tradirsi a vicenda. Quel piano era perfetto.
<<Ok, facciamolo.>> disse Raymond.
Carlin prese di nuovo la bottiglia e preparò altri due bicchieri con una quantità maggiore di liquore al mirtillo rosso, ne diede uno a suo padre con una piccola cannuccia, mise il vetro vicino alle proprie labbra e disse:
<<Vecchio mio. Tra un po’ saremo in guerra>> Sorrise di nuovo e bevve, lasciando che quella sostanza rossa, rossa come il sangue, scorresse nella sua gola rendendolo felice.

 

Thomas Belvedere

 

1 Commento

  1. Questo capitolo dalla prima frase mi è piaciuto tantissimo ahahaha le battute che fai sulle teste senza corpo sono troppo forti!
    Vorrei avere tutta l’immaginazione che hai tu, riesci a creare storie e scenari così assurdi ma assolutamente fantastici. Più strano diventa e più mi piace 😀


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