Cronache di Mirko: Preparazione (Cap. 12)

CAPITOLO 12 – PREPARAZIONE

Oggi è una calda giornata e il sole, alto in cielo e all’apice della sua potenza, irradia la città con la sua luce e il suo calore. C’è qualcosa di rassicurante nelle belle giornate, come se il sole influenzasse il nostro umore e la nostra psiche, chissà forse è davvero così, dovrei chiederlo a Caterina.

La pace della meditazione mi ha infuso calma in tutto il corpo, mi ha rigenerato e mi ha dato nuova vitalità. Sono seduto su una panchina intento ad osservare il parco che mi circonda, sembra così fresca la natura e così quieta… ora che sono in pace è come se entrassi in risonanza con la parte più profonda della natura, non vedo più solo sassi, erba e alberi ma sento la vita che circonda e riempie ogni cosa. Non c’è più immobilità, l’erba si piega al vento, dentro agli alberi la linfa scorre come il sangue nei nostri vasi sanguigni. Tutto è vivo. Persino la terra ha un lento respiro…

Caterina arriva poco dopo. Oggi è domenica e ci siamo dati appuntamento in questo parco. Nulla di romantico però perché lei ha invitato anche alcuni dei suoi compagni.

Caterina riesce a trovarmi senza bisogno di chiamare, la cosa in parte mi sorprende perché il parco è piuttosto grande.

<<Mi hai trovato con la tua bussola magica?>> le chiedo.

Lei mi sorride, divertita, e mi abbraccia. Il suo corpo preme contro il mio, caldo e vibrante per l’energia della meditazione. Non sono ancora abituato a tutto questo contatto fisico ma non mi dispiace affatto.

<<Ho riconosciuto il tuo cappotto azzurro>> è la sua risposta, <<sembri un puffo con quel coso>>.

Scoppio a ridere. <<Be’, qualcuno in passato l’ha definito color dentifricio. È già un miglioramento>>.

Il suo sorriso le riempie il viso.

<<Dove sono gli altri?>>

Lei non sembra impaziente di aspettare gli altri. <<Arriveranno, prima o poi, ti va di fare una passeggiata?>>

Ci incamminiamo lungo un sentiero che risale il colle, costeggiato da un lato da una staccionata che non mi ispira nessuna fiducia. Caterina non sembra preoccupata e procede con un buon passo, deve essere abituata a camminare molto perché ha una buona resistenza.

<<Perché hai scelto come nome Katelyn?>>

<<Mi piace il suono di quel nome>> risponde lei, <<sono stata una settimana in Inghilterra due anni fa, un gemellaggio tramite la scuola, e là mi chiamavano tutti così. Mi piace>> risponde.

<<Katelyn>> sussurro io, come per sentire quel suono che a lei tanto piace.

Lei mi guarda come se si aspettasse qualcosa da me, le sue guance sono arrossate e il nostro silenzio è rotto soltanto dal rumore delle nostre scarpe sulla breccia. Il sentiero comincia ad essere più ripido.

<<Preferisco che mi chiami col mio nome>> dice lei dopo un po’.

Aggrotto la fronte. <<Perché?>>

Alza le spalle. <<Non so, detto da te sembra più bello>>.

Arrossisco.

<<E tu che nome hai scelto?>> mi chiede lei come per sviare l’attenzione da quanto ha appena detto, se è un po’ imbarazzata lo sta dissimulando molto bene.

<<Mirko Kairos>>.

<<Kairos? Ho già sentito questo nome. Ma non ricordo dove>>. C’è della perplessità nel suo viso, che la rende ancora più carina.

<<È un termine del greco antico, significa “momento giusto”>>.

<<Mi piace>> decreta lei. Il sentiero si fa più pianeggiante e attraversa un piccolo bosco. Lei allunga il passo. <<Siamo quasi arrivati!>>

Il sentiero termina in un grande prato in cima al colle, da un lato non si riesce a vedere la città perché le chiome degli alberi coprono la vista, ma dall’altro lato si riesce a vedere tutto, scuola compresa. Il vento soffia con vigore scompigliando i capelli di Caterina che sorride.

<<Mi piace questo posto!>> esclama lei.

C’è una bella vista da quassù. <<Anche a me!>>

Caterina si siede a terra e chiude gli occhi. <<C’è così tanta pace quassù>>.

Mi metto accanto a lei e inspiro profondamente, desiderando di riempirmi di luce e pace. Il mio corpo è formicolante, attivato dall’esercizio fisico, e l’energia scorre più fluida. Restiamo per un po’ così, a riempirci d’infinito, mentre il vento sferza i nostri volti e il mondo attorno a noi riempie il proprio presente, una pagina alla volta. Da quando ho iniziato a meditare il mio diario è pieno di benessere e felicità, sono sulla strada giusta. Nel mio presente c’è la beatitudine, non potrei chiedere di meglio.

La luce riempie il mio chakra chi, porta benessere e sollievo, strappa via i pensieri, distacca tutto ciò che non desidero. Resta la pace, siamo solo io e il mio chakra, in una silenziosa comunione. Le mie attenzioni sono solo per lui e nient’altro.

Come una madre amorevole “allatto” di energia universale ogni chakra, uno alla volta, come se fossero dei figli. Ad ognuno di loro dedico il suo tempo e senza fretta nutro il mio chakra plesso e poi il cuore.

Non c’è fretta alcuna, è così bello dedicare le proprie attenzioni verso qualcosa. C’è lo stesso affetto di un giardiniere verso le sue piante, di un uomo verso i suoi figli, di un animale verso i suoi cuccioli. I chakra non sono tutti uguali, come non lo sono le piante e i figli.

Passo al chakra della mente, allontanando ogni pensiero che mi si affaccia, non è questo il momento di pensare. Ogni cosa ha il suo tempo e ora mi dedico ai miei chakra.

Passo al chakra della corona e lo riempio dell’universo stesso. È infinito il livello di pace che si può raggiungere, il benessere quello vero e duraturo…

Quando la meditazione finisce e riapro gli occhi il mondo è dentro un oceano di luce. Caterina appoggia il suo viso alla mia spalla e insieme restiamo in contemplazione della pace, mentre il respiro porta un po’ di quella luce dentro di noi. Le sue dita s’intrecciano alle mie e non c’è cosa più bella al mondo di questa semplicità e di questa profonda pienezza.

Ci dividiamo solo quando il mio stomaco inizia a brontolare.

<<Credo che sia ora di mangiare>> dice lei, <<hai portato qualcosa?>>

Caterina sfila dal suo zaino un’ampia tovaglia e la distende sul prato. Ci sediamo su di essa e ognuno di noi ci appoggia sopra quello che ha portato da casa.

L’idea di fare un pic nic all’aperto è partita da lei e io ho accettato subito, era da così tanto tempo che non ne facevo uno… il mondo virtuale ci ha portato molti benefici e vantaggi ma ci ha anche tolto molte cose tra cui la pazienza e il saper attendere. Siamo abituati a voler tutto e subito che non riusciamo più ad assaporare ogni esperienza ma vogliamo divorarla nel minor tempo possibile, perché siamo sempre di fretta e in corsa. Ma in che direzione stiamo correndo?

Caterina appoggia sulla tovaglia dei contenitori di plastica con dentro delle polpette di riso, panini alle noci, fette di formaggio e un termos con del tè dentro. Io ho portato pasta fredda con tonno e olive, polpette di farina di ceci, alcune fette di ciambella al cioccolato e una bottiglia d’acqua.

<<Buon appetito!>> esclamiamo all’unisono.

C’è qualcosa di intimo e dolce in questa semplicità che mi fa battere forte il cuore e mi commuove. Nelle polpette di riso ripiene di tonno sento tutta la premura di Caterina di voler fare bella figura, c’è affetto e anche l’energia delle sue mani mentre premeva il riso per farlo compattare e dargli la tipica forma dell’onigiri.

Forse la felicità è a portata di mano ma richiede i suoi tempi per essere gustata appieno.

Il tè profuma di miele e il suo calore è avvolgente. Mi sento davvero bene.

Mangiare insieme in qualche ristorante sarebbe stato piacevole, ma sarebbe rimasta un’esperienza di solo due ore. Invece questo pic nic ha avuto inizio già da ieri mentre pensavo a cosa cucinare, mentre con le mani manipolavo gli ingredienti, mentre mi pregustavo il momento in cui avremmo mangiato insieme…

Quando abbiamo finito riponiamo con cura i contenitori e ciò che è avanzato all’interno dei nostri zaini. Caterina mi ha fatto molti complimenti per le polpette di ceci e io ho apprezzato moltissimo i suoi onigiri.

<<Ti piace la cucina asiatica?>> chiedo io.

<<Se mi piace? La adoro! Vivrei di sushi se fosse per me>>.

I miei occhi si illuminano. <<Tu sei sicuramente la donna giusta per me!>>

Caterina scoppia a ridere e con una mano mi spinge a terra sulla tovaglia. Anche io rido. È così bella la spensieratezza! A volte crediamo che dipenda dagli altri o da ciò che ci accade, dal lavoro e tutto il resto, invece è una decisione che dipende da noi e la meditazione diventa il mezzo più semplice per raggiungerla.

Caterina si rannicchia accanto a me e appoggia la sua guancia sul mio petto, la sua fronte sfiora il mio mento e il profumo di albicocca dello suo shampoo riempie il mio naso, beando l’olfatto come il pic nic ha beato il mio senso del gusto.

La consapevolezza di averla così vicina a me, del suo corpo premuto sul mio, mi fa battere il cuore e accende dentro di me un forte desiderio di cullarla fra le mie braccia e averla sempre più vicina a me. Tutti i miei sensi sono estasiati: vista, udito, olfatto, gusto e tatto. Se esistesse un sesto senso sarebbe al settimo cielo anche quello. Ma purtroppo per lui non esiste.

E se invece…

<<Caterina>> la chiamo io.

Lei inclina il viso. <<Sì?>>

<<Sai se esiste un sesto senso?>>

<<Certo che esiste!>> esclama lei, <<imparare ad usarlo è proprio ciò che facciamo in accademia!>>

Caterina si alza da terra e mi prende per mano. <<Forse è il caso di andare, gli altri si staranno chiedendo dove siamo stati>>.

Arrossisco fino alla radice dei capelli. <<E in quel caso cosa risponderemo?>>

Lei sorride. <<Proprio niente>>.

Si sporge verso di me fino ad avvicinare le sue labbra ad un nulla dalle mie. Avvolgo le mie braccia attorno alla sua schiena e la tiro verso di me per completare il viaggio della sua bocca verso la mia.

<<Ti voglio bene>> le dico dopo un po’ e poi la bacio di nuovo.

 

Davide Dan

 

3 Commenti

  1. Sono troppo cariniiiiii!!! ❤️ ❤️ ❤️

  2. Io non so che dire, li amo ahaha sono troppo belli insieme! 😍 grazie per questa storia bellissimaaa ❤️

  3. Ohhh che bello questo capitolo!! Sono tenerissimi 😍 grazieee 😊


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