Animarum (Cap. 3)

Capitolo 3 – Strani incontri

 

Lo spettacolo che aveva regalato la red moon era finito sui telegiornali e sulle bocche di tutti, il lunedì seguente tutti commentavano l’evento del sabato precedente, a scuola i ragazzi mostravano le varie foto al chiaro di luna, chi tra le coppie aveva scattato varie foto con il proprio partner con uno sfondo romantico creato dal chiarore rosso, perfino in ufficio, nel distretto di polizia in cui lavorava Stefan Baskerville, i colleghi raccontavano della serata splendida passata con la propria dolce metà richiamando i bei tempi passati.
Edward aveva passato quel sabato sera con i suoi due compagni di classe Leo e Giorgia, la serata non era andata come avevano previsto e soprattutto erano capitati degli eventi che avevano scombussolato parecchio Edward.
Il diciassettenne doveva ancora affrontare il padre per la chiamata non risposta di due sere prima, per tutta la domenica e il lunedì riuscì ad evitarlo con scuse di ogni genere, persino la madre aveva accennato qualcosa al figlio riguardo l’umore del padre e che era meglio parlarne subito, l’unica notizia buona ricevuta quel lunedì fu che il prossimo fine settimana sarebbe arrivata la sorella Jessy. La ragazza mancava da molti mesi da casa, nonostante non avesse degli ottimi rapporti con Edward, vista la loro diversità di carattere e di stili di vita, i due si volevano comunque bene essendo fratelli e si ripetevano spesso che nessuno poteva far del male all’altro fratello ma solo loro ne avevano il permesso, una specie di patto fraterno che mandavano avanti da tutta la vita.
« Capito Ed? Sabato devi andare tu a prendere tua sorella in stazione, verrà sicuramente con molta roba e avrà bisogno di qualcuno che l’aiuti » disse la signora Baskerville.
« Ci mancherebbe che mandassi papà, sarebbe capace di andarla a prendere con la volante del distretto » ansimò il ragazzo cercando di mettere in risalto lo stato d’animo che gli procurava il padre.
« Non iniziare… » disse la madre, « piuttosto dimmi, cosa ti costava rispondere sabato sera per dirgli dov’eri? ».
« Mi costava che non voglio subirmi ogni volta il terzo grado al telefono facendomi passare per un bambino ».
La madre, che stava lavando i piatti si fermò di colpo e si sedette vicino al figlio che stava stravaccato su una sedia vicino al tavolo della cucina.
« Nessuno ti fa il terzo grado qui ma è giusto che dici dove e con chi sei, soprattutto in una serata come quella di sabato scorso » incalzò la madre.
« Dici che la luna rossa avrebbe potuto farmi del male?» domandò ironicamente Edward imitando un espressione visiva terrorizzata.
« Non essere sciocco, sai come funziona in questa città » rispose Maria quasi con un fare da madre apprensiva.
« No, dimmelo tu come funziona, visto che non so badare a me stesso! ». Edward stava iniziando a surriscaldarsi, le discussioni di questo genere anche se prese con delicatezza lo facevano subito infuriare.
« Tutte queste sparizioni che stanno avvenendo in questi ultimi mesi… »     .
In quel momento si sentì un giro di chiavi che aprivano la porta di casa, erano le 14:15 e a quell’orario ritornava a casa il padre, stressato come ogni giorno dal duro lavoro al distretto.
« Fantastico! Che tempismo! » fece il ragazzo.
Stefan entrò in cucina, sembrava più stanco del solito, posò il marsupio che era solito portare e si sedette al tavolo con gli altri due componenti della famiglia.
« Oggi due arresti per spaccio di droga, il Bacio del Diavolo sta facendo guadagnare un sacco di soldi a questi tizi che la vendono » disse con tono straziante, « erano due ragazzi dell’età di Edward, come se non bastasse una banda di teppistelli ha dato fuoco alla macchina del signor Lassenti >>.
Lassenti era il vice sindaco di Bologna, stava lavorando su un progetto di ricostruzione di un luogo di ritrovo per i giovani e lo si voleva sfruttare per avviare corsi sulla legalità.
« E volete sapere la ciliegina sulla torta? Un’altra sparizione, una ragazza di 15 anni. Mi chiedo cosa dobbiamo ancora aspettarci da questa città » concluse l’uomo stravolto.
Edward aveva l’impressione che il padre volesse arrivare da qualche parte con quei discorsi, come se gli stesse lanciando delle frecciatine, in fin dei conti non era la prima volta ma una scena vissuta abitualmente.
Poi si voltò verso il ragazzo, teneva una mano sulla fronte in segno di stanchezza.
« E poi ti chiedi perché ti chiamo per sapere dove sei.. eh!? » disse Stefan iniziando ad alzare il volume della voce, « come se io fossi pazzo e non avessi altro da fare durante il giorno, io che ne vedo di tutti i colori ogni giorno! ».
« Credo sia proprio questo il problema sai? Ne vedi di tutti i colori ogni giorno e sembra quasi che tutto ciò a cui assisti debba per forza capitare anche a me        » anche Edward stava iniziando ad alzare il tono della voce.
« No mio caro! Ti ho fatto una semplice chiamata! » ribatté Stefan.
Edward si alzò dalla sedia.
« Come quella volta che andai a casa di Giorgia per studiare e mi riempisti di telefonate per sapere se tornassi tardi? » continuò il ragazzo « o come l’anno scorso che passai la serata fuori per la cena di classe e mi tartassasti di chiamate anche in quell’occasione. Ovviamente quando ti risposi iniziasti con il quarto grado ».
« Ma cosa stai dicendo Edward! ».
« A bèh questi particolari non li ricordi eh? Eppure esco così raramente che le volte che varco quella porta alla tua sinistra si possono contare tra le dita di una mano ».
« Ho sempre lavorato per procurarti una vita sicura e non farti mancare nulla! » ribatté nuovamente il padre lanciando per terra il berretto blu da lavoro.
Maria era rimasta in disparte, sapeva che non sarebbe stata considerata tra i due se si fosse messa in mezzo alla discussione, per di più Stefan aveva un caratteraccio e nelle discussioni in famiglia tendeva sempre a sminuire la moglie.
« Sarà meglio che ti trovi un lavoro per il prossimo anno perché fin quando starai sotto il mio tetto farai come ti dico io » gridò Stefan al figlio che ormai era andato in un’altra stanza « e vediamo un po’ che uomo sei! ».
Edward entrò in camera sua chiudendo la porta, non a chiave, anche perché non ne aveva una, uscì fuori nel suo balcone come faceva di solito e iniziò a viaggiare con la mente in qualsiasi posto potesse portarlo lontano da quella casa.
Stai pur tranquillo che troverò il modo di andarmene anche prima del prossimo anno, dovessi saltare il diploma”.
Dal balcone sentiva il padre parlare con la moglie, diceva robe strane come il fatto che non sarebbe uscito più da quella casa, che ogni volta che il figlio varcava l’ingresso per andare fuori aveva sempre idee strane di fuga, di ribellione, addirittura sentì pure la parola droga accostata al suo nome.
Eccone una nuova, adesso mi drogo pure, oddio non sa quanto sia psicopatico”.
Ad un certo punto abbassò lentamente lo sguardo verso il portone di casa, era come se una leggera forza gravitazionale lo avesse attratto giù, vide passare una strana donna che attirò particolarmente la sua attenzione, anche in una situazione come quella in cui si stava trovando.
Era una ragazza sui 28 anni, portava una capigliatura davvero molto curiosa, una chioma blu con una coda che si portava all’insù. Indossava uno strano cappotto nero e teneva le mani nelle tasche, in viso aveva degli occhiali da sole, sarà stata alta circa un metro e ottanta e un corpo che sembrava davvero agile e forte. Passò per tutta la stradella sotto casa sua ed Edward non poté fare a meno di fissarla, ne era come attratto e qualcosa gli diceva che era una persona davvero fuori dal comune; poi svoltò l’angolo in fondo alla via e sparì.
All’improvvisò si sentì toccare la spalla.
« Ed tesoro » era la madre che arrivò come suo solito da dietro senza farsi sentire ma Edward era così incantato dalla donna che aveva appena visto che quel tocco sulla spalla gli parve una mosca che si era appena posata.
« Sei venuta per stressarmi anche tu? » fece il ragazzo con tono spezzato.
« No Ed, non pensare questo, sono venuta per parlarti » la donna abbracciò il figlio come una leonessa tiene a bada i suoi cuccioli. « Non far caso a ciò che dice tuo padre, ha avuto una brutta giornata a lavoro ».
« Quindi pensa pure che mi drogo!? Questa è davvero bella! » disse Edward, « ha superato pure la battuta di qualche settimana fa quando disse che con la mia mentalità sarò un fallito nella vita ».
« Non lo pensa davvero lo sai, purtroppo il suo caratteraccio gli fa dire cose che non pensa ». Poi la donna prese il viso del ragazzo e guardandolo negli occhi gli disse:
« Non devi mai dar conto a ciò che dice la gente, tu sai più di tutti come sei fatto e quanto vali, la società di oggi sta crescendo con fondamenta deboli e basterebbe una piccola scossa per far crollare tutto ».
Edward stava ascoltando la madre fissandola a sua volta negli occhi.
« Tu non sei come la maggior parte degli altri ragazzi, per questo potresti davvero fare la differenza in una società come questa, ma non farti abbattere mai da ciò che le persone dicono o pensano di te ». La donna fece scivolare le braccia sul busto del figlio e lo strinse forte a sé.
Nella manica della felpa che indossava la donna si potevano notare delle goccioline d’acqua, come se fossero cadute due lacrime e gli occhi del ragazzo nello stesso istante stavano luccicando.
Fu una scena che toccò anche Stefan che li fissava da qualche metro di distanza, proprio dietro la porta semiaperta della stanza di Edward. Non fece nulla, il suo viso era un misto tra compassione per quella scena e sensi di colpa per ciò che aveva appena detto, in silenzio come arrivò, chiuse la porta e se ne andò.

Il giorno successivo, martedì, i ragazzi della 5° B avevano la verifica di fine semestre con il professore più intimorito del corso, Merinelli.
Era incredibilmente puntuale l’insegnante e già al suono della campanella lo si poteva notare seduto nella sedia della cattedra con il registro degli studenti da una parte e i fogli della verifica dall’altra. I ragazzi entravano molto silenziosamente in classe salutando educatamente il professore, dopo cinque minuti dal suono della campanella, Merinelli aveva l’abitudine di iniziare a battere  leggermente la penna dalla parte del tappo sulla cattedra, contando una ventina di colpi, dopodiché dopo il ventesimo colpo chiedeva ad uno studente in prima fila con tono autoritario ma pacato di chiudere la porta e nessuno sarebbe più entrato da lì, studente o docente.
Infatti Merinelli non amava essere disturbato durante le sue lezioni, nemmeno da altri insegnanti, figuriamoci che  comportamento imperiale assumeva quando vi era una verifica.
« Perfetto, vedo con mia gioia che siete tutti presenti e puntuali » disse l’insegnante con tono gelido. « Prego spegnete pure tutti i dispositivi elettronici che possedete, sul vostro tavolo voglio vedere solo una penna nera ».
Neppure i più vivaci osavano disobbedire alle parole di Merinelli, sapevano benissimo che era capace di ogni cosa in quell’istituto.
« Avete un ora di tempo a partire da adesso, vi pregherei di non farmi alzare per ritirare i fogli alla scadenza, quindi fra un ora precisa voglio tutte le vostre verifiche sulla cattedra ». Pure le mosche smisero di volare per quell’asso di tempo.
L’elettronica non era un punto forte per Edward e per il resto della classe, si salvavano solo Bandiera Bianca; una studentessa che aveva una predisposizione particolare per quella materia e Pesca.
La giornata scolastica era passata in fretta e i tre ragazzi uscirono nel corridoio per prepararsi al suono della campanella di uscita, nel mentre ne approfittarono per discutere della verifica fatta qualche ora prima. Quella giornata non era stata fatta alcuna ricreazione come punizione per la maggior parte degli alunni che avevano mangiato e finito i loro spuntini già dalla seconda ora scolastica, ovviamente cercando di occultarsi dagli occhi della professoressa di italiano.

« Quindi? Come vi è andata la verifica? » disse Leo cercando conforto dalle parole dei suoi due compagni.
« Lasciamo stare, potrei mettermelo io stesso il voto e risparmierei la fatica a Merinelli » rispose Edward scocciato.
Giorgia tra di loro era quella messa meglio, seppure non fosse un genio arrivava comunque alla sufficienza.
« Mi dispiace ragazzi, le mie parole sicuramente non saranno di conforto, però insomma credo di essermela cavata abbastanza bene ».
« Spero davvero che agli esami di stato non ci sarà lui o posso ritirarmi anche adesso » disse Leo mettendosi le mani nei capelli.
« Non iniziare a piagnucolare Pintelli, l’esame di stato sarà una passeggiata messa a confronto con gli esami universitari che dovrai sostenere dal prossimo anno » beccò Giorgia con voce pungente.
All’improvviso si sentì udire uno schiamazzo di voci da dietro il trio.
Era Bicipite con la sua banda di scagnozzi, fissavano Edward e ridacchiavano sotto i baffi come se stessero commentando qualcosa riguardo il ragazzo, ad un certo punto si sentì chiamare:
« Ehi! Baskerville! » chiamò Bicipite mentre il gruppo continuava a ridacchiare.
« Cosa avrà adesso il tuo nuovo ragazzo? » disse Leo sotto voce rivolgendosi a Giorgia.
« Piantala idiota! » rispose lei.
Edward fece finta di non sentire Diego che aveva appena urlato il suo cognome e riprese il passo verso l’altra parte del corridoio scolastico.
« Cosa c’è Baskerville? Non siamo degni di una tua risposta? » urlò ancora Bicipite mentre continuava ad essere circondato da schiamazzi.
Ad un certo punto uno dei ragazzi nel gruppo prese un laser e iniziò a puntare un piccolo puntino di luce rosso proprio di fronte al muro in cui si trovava in quel preciso momento Edward.
Il ragazzo aveva notato il puntino rosso sul muro che si muoveva ondeggiandosi ma non aveva prestato molta attenzione a ciò che stava accadendo quando ad un certo punto si sentì urlare:
« Attento Baskerville!!! C’è un ufo davanti a te!!! »
In quel momento Edward capì del perché la banda stava proiettando sul muro quel puntino con il laser, non poteva credere a ciò che stava succedendo, gli si gelò il sangue e lo sguardo e iniziarono a tremargli le gambe, poi si voltò verso i suoi due compagni più intimi, Leo e Giorgia.
« Attentooo sennò non potrai mai scoprire chi sei veramente! » sentì ancora urlare dal gruppo che lo stava sfottendo davanti a tutti.
Fissò i due ragazzi per qualche istante, doveva realizzare se quello che era appena successo fosse accaduto veramente.
Leo aveva uno sguardo confuso, non capiva cosa stava accadendo e del perché il loro compagno li stesse guardando in quel modo, Giorgia abbassò lo sguardo, lei invece aveva capito tutto.
« Allora Quattrossa! » continuò Diego dall’altra parte del corridoio mentre il suo scagnozzo iniziò a puntare il laser sulla maglia di Edward.
« Se non ti sbrighi a chiamare il tuo paparino l’ufo potrebbe ucciderti! ».
Il ragazzo non smosse nemmeno di un millimetro il suo sguardo dagli occhi di Giorgia, aveva capito chi fosse stato dei due a parlare con Bicipite delle strane luci viste il sabato precedente e questo lo fece sprofondare in una delusione incredibile. Anche Leo arrivò a capire qualcosa ma non ci fu nessun tipo di reazione da parte sua.
Tra i continui schiamazzi, si udì il suono della campanella che spezzò di colpo quel momento, Edward si voltò brutalmente e a passo svelto se ne andò da quella scena che gli aveva spezzato il cuore.
Anche Giorgia era incredula a ciò che era appena successo e rincorse il suo compagno di classe con il viso pieno di vergogna.
« Dove sei Ed?! » gridò la ragazza mortificata cercando Edward tra i corridoi affollati di studenti. « Ti prego! Non è come pensi! ».
Edward si trovava a pochi passi davanti a lei, sentì chiamarsi disperatamente ma non osò voltarsi indietro, non sarebbe riuscito nemmeno a guardare negli occhi la sua compagna.
« Ti scongiuro, ascoltami! Ti posso spiegare come sono andate le cose! » continuò Giorgia rincorrendo Edward appena avvistato.
Era l’ora di uscita quindi tra i corridoi ci stava un ammasso incredibile di studenti che si dirigevano verso le porte di ingresso, tra spintoni e urla, i due ragazzi si trovavano in una scena parecchio confusa.
Dopo qualche istante si ritrovarono tutti fuori dalla scuola e Giorgia ancora una volta provò a raggiungere Edward per dargli delle spiegazioni, ma non fu così facile.  Il ragazzo fu più svelto e riuscì a ricreare un grosso distacco tra lui e lei.
Nel marciapiede accanto ai cancelli scolastici ci stava il bus che prelevava gli studenti per riportarli a casa, Edward non prendeva mai quel mezzo, preferiva sempre fare una lunga passeggiata al ritorno da scuola ma quella giornata scattò subito sul bus che ripartì immediatamente dopo qualche secondo.
Giorgia che era appena riuscita a sfuggire dalla folla che stava all’ingresso non fece in tempo ad arrivare ai cancelli qualche metro più avanti, ma riuscì a vedere Edward che saliva sul bus; i due ragazzi si guardarono fissi negli occhi, sembrava quasi un addio, lui tradito, lei mortificata si lasciarono andare in quello sguardo lungo ed intenso che finì non appena il bus svoltò alla prima curva.
“ Non posso crederci..” pensava il ragazzo fissando un punto vuoto, “anche Giorgia si è dimostrata per quello che è, non avrei mai dovuto esternare le mie emozioni e i miei pensieri”.
In quel momento l’ultima cosa che Edward voleva fare era tornare a casa e probabilmente sentire delle lamentele del padre, così decise di fermarsi alla fermata del parco La Montagnola per trascorrere un po’ di tempo da solo con se stesso.
Sceso dal bus ricordò di aver dimenticato in classe la sua giacca di jeans che era solito portare ma non aveva alcuna intenzione di ritornare lì per i prossimi giorni. Proprio in quel momento fu attratto da un’altra cosa che gli fece dimenticare tutto ciò che era successo sino a quel momento; ripartendo il bus, notò nel vetro di un finestrino, una strana figura che gli parve tremendamente familiare.
Stava vivendo una scena a rallentatore, il bus che partiva e lui che seguiva con lo sguardo una donna che a sua volta lo stava fissando con due grandi occhi blu ed intensi.
In quel momento una strana sensazione più forte di ogni emozione provata sino a quell’attimo lo riportò alla scena in cui si trovava nel balcone della sua stanza il giorno precedente, dopo aver discusso con il padre, in quel momento in cui fu attratto dalla donna dai capelli blu che passava proprio sotto casa sua.
Un tripudio di emozioni gli fecero letteralmente dimenticare tutta la sua vita per quei pochi attimi, per quel “poco” che aveva visto, una donna incappucciata con due grossi occhi blu e più espressivi che mai che sbucavano in quel viso così misterioso.
Si pentì amaramente di esser sceso da quel bus, non conosceva quella persona e probabilmente non ci avrebbe nemmeno scambiato una parola ma era suo desiderio poter immergersi ancora una volta in quello sguardo che aveva poco di umano e più di angelo.
“Se Dio avesse un volto allora penso proprio di averlo visto”

Da quel momento qualcosa cambiò dentro di lui, non era più afflitto da quei sentimenti oscuri che lo stavano pervadendo fino a qualche secondo fa, come se tutto ciò che stava vivendo non aveva poi così importanza, quello sguardo fu più intenso di ogni respiro e non poteva essere sostituito con pensieri negativi per qualche altro evento, come ad esempio ciò che era successo a scuola.
Si diresse al parco cercando di non pensare più a nulla ma godendosi ogni respiro che faceva, sentiva l’aria più intensa, più pura, riusciva persino a percepirla entrare dalle narici, espandersi per le cavità nasali e finire nelle vie respiratorie, era strano ma molto piacevole.
Arrivò alla panchina in cui di solito sedeva, davanti a lui c’erano gruppi di bambini che giocavano tra le altalene e vari attrezzi da gioco, qualche metro più avanti si potevano notare le mamme che tenevano sott’occhio i loro cuccioli, parlavano tra di loro ma non osavano distogliere lo sguardo ognuna dal proprio piccolo.
Restò meravigliato da una scena del genere, eppure non stava succedendo chissà cosa di strano, una scena a cui si poteva assistere ogni giorno all’uscita da scuola ma in quel momento Edward poteva estrarre da ogni cosa un sentimento positivo, come quello di una madre che non distoglie mai lo sguardo dal proprio figlio.
Sorrise per un po’, sentiva anche il vento che gli sfiorava il viso, non era semplice aria ma qualcosa sembrava lo stesse accarezzando dolcemente, rimase affascinato da tutto ciò che stava vivendo, tutto solo per aver incrociato quello sguardo.
Ad un certo punto un rumore di passi si sentì avvicinarsi a lui e con la coda dell’occhio vide questa figura enorme sedersi accanto. Preferì non girarsi subito, non aveva quello stato di ansia che lo teneva allerta in ogni momento, sembrava che in quel momento nulla potesse fargli del male, poi quella presenza parlò.
« Oggi è proprio una bella giornata non trovi? ».
Edward si voltò verso questa figura e poté vedere un uomo molto robusto e alto vestito davvero molto elegante. Sembrava un avvocato, con una cravatta blu al collo e un cappotto grigio di ottima qualità. Sarà pesato oltre i 100 kg ma si manteneva bene, aveva un naso a patata, le guance paffute e la barba ben curata a forma di pizzetto. Trasmetteva un aria davvero tranquilla e di piacevole compagnia.
« Oh si! Stavo giusto godendomi questi attimi » rispose Edward con il sorriso ancora stampato sul viso.
L’uomo mise il braccio dietro la panchina e accavallò una gamba sull’altra mettendosi comodo. « Adoro i parchi, quando ben curati, ti trasmettono sempre serenità e ti fanno apprezzare molto la natura ».
« Concordo pienamente con quanto dice lei » disse Edward.

Quella persona sembrava conoscere il ragazzo in qualche modo, cercò di metterlo più a suo agio.
« Ehi giovanotto, dammi del tu! » disse l’uomo sorridendogli.
Edward fece una piccola risata imbarazzata, si stava domandando chi fosse quell’uomo e cosa ci facesse lì.
« Be vede… non la conosco e tendo molto a portare rispetto alle persone che non conosco e che soprattutto sono più grandi di me ».
« Questo fa di te un ragazzo con dei valori. Vieni spesso da queste parti? » chiese il tizio misterioso.
« Non proprio, diciamo che oggi è stata una giornata particolare e avevo bisogno di stare un po’ con me stesso » rispose il ragazzo continuando ad indagare con lo sguardo per capire chi fosse quella persona.
« Capisco, anche io spesso quando ho delle giornatacce sento il bisogno di prendermi qualche momento per me stesso, magari vado a fare una corsa anche se non si direbbe guardandomi » disse l’uomo completando la frase con una risata autoironica.
« Ciò che davvero importa è che non dobbiamo permettere a questi eventi negativi di rovinarci le giornate, la vita è troppo bella per passarla a maledire chi ci sta intorno ».
Edward fu attratto da ciò che finì di dire quella persona seduta accanto a lui, non era facile incontrare qualcuno che parlasse e pensasse in quel modo ma si trovava letteralmente d’accordo.
« La penso davvero come lei.. è solo.. che certe volte… è così difficile.. » disse il ragazzo risentendo nel petto quelle brutte sensazioni che stavano riemergendo.
L’uomo notò il suo stato d’animo cambiare, sembrava avere una sorta di sesto senso, così si girò verso Edward e mettendogli una mano sulla spalla gli disse:
« Lo so caro, lo so, è difficile certe volte ma nella vita non sempre ciò che accade di negativo vuole nuocerci veramente, a volte stiamo solo facendo qualche passo indietro per proiettarci con più forza verso qualcosa di meraviglioso che ci sta per succedere, come una freccia che viene accompagnata indietro per essere scoccata con più velocità » poi l’uomo si alzò e si posizionò davanti al ragazzo porgendogli la mano per salutarlo.
Edward fu letteralmente meravigliato da ciò che si sentì dire, non aveva mai conosciuto qualcuno di così saggio e che parlasse cosi intensamente e poi in quel modo così diretto, le risposte sembravano studiate a posta per lui e con una grande efficacia.
« Ma lei chi è signore? » domandò Edward stringendo la mano al buon uomo.
« Chiamami Lawrence » rispose facendogli un occhiolino.
In quel momento il cellulare di Edward vibrò facendogli prendere un bello spavento, era il padre che lo stava chiamando per sapere dove fosse finito.
« Allora a presto Ed! » salutò l’uomo.
Edward si era perso per un attimo cercando di raccogliere il cellulare che era caduto per terra, vedendo la chiamata del padre si era anche agitato, non badò immediatamente a ciò che disse Lawrence ma dopo qualche secondo, appena rialzò il capo e mise da parte il dispositivo realizzò il modo in cui era appena stato salutato.
Aspetta ma… come sapeva il mio nome!” pensò immediatamente, ma in quei pochi attimi quella strana presenza era del tutto sparita. Si voltò a destra, poi a sinistra, fece un piccolo girò intorno alla panchina cercando con gli occhi quella persona ma non ne vide assolutamente la traccia, sparito nel nulla.
Ma che sta succedendo oggi? Prima la strana donna sul bus, adesso il tizio saggio sulla panchina, cosa devo ancora aspettarmi?”
Vibrò nuovamente il cellulare, capì che era meglio tornare a casa e non fare parola con nessuno di ciò che stava succedendo.
Nel mentre erano anche spariti tutti i bambini e le donne nel parco giochi, sembrava quasi stesse rivivendo un altro scenario.
Durante il tragitto, Edward era ancora emozionato ma soprattutto confuso per quegli incontri del tutto insoliti, nella sua testa giravano vorticosamente tantissime domande, come faceva quell’uomo a sapere il suo nome e quella frase che disse sulla freccia scagliata, sembrava quasi un messaggio subliminale diretto a lui, stava forse cambiando qualcosa nella sua vita? Una parte di lui forse ne era spaventata ma l’altra parte, quella che si faceva sentire di più e che ardeva dentro come un calice infuocato lo emozionava parecchio. Era comunque molto emozionato per la breve conversazione avuta con Lawrence, questo misterioso uomo che lo aveva incantato.
Arrivato a casa si lanciarono delle occhiate fulminee con Stefan che teneva il cellulare in mano facendogli capire che aspettava una sua risposta alle chiamate che aveva appena fatto ma i due non si dissero nulla, c’erano ancora momenti di tensione per il giorno precedente; Edward andò dritto in camera sua senza nemmeno pranzare.
Nel cellulare notò altre chiamate senza risposta da parte di Leo e Giorgia, alcuni messaggi che non volle nemmeno aprire, non era arrabbiato come prima ma voleva comunque evitare di parlare con i suoi amici. La giornata trascorse normalmente, con il pensiero fisso a quegli strani incontri e con le tante domande che frullavano senza alcuna risposta soddisfacente.

I tre giorni successivi Edward non andò a scuola, improvvisò con la madre una strana febbre che lo scombussolò letteramente così restò a casa. Era venerdì e l’indomani sarebbe arrivata la sorella Jessy, era uno dei pensieri felici che distraevano Edward dai pensieracci opprimenti che gli arrivavano sui suoi compagni di classe, soprattutto su Giorgia, sembrava proprio che l’effetto tranquillizzante che gli avevano procurato gli incontri fatti qualche giorno fa erano del tutto svaniti e stavano riemergendo le sensazioni di sconforto e tradimento.
Ogni tanto si poteva notare Stefan che entrava di soppiatto nella stanza per controllare lo stato del figlio, controllava se stesse dormendo o stesse male, il tutto senza farsi notare, in fin dei conti era sempre suo figlio e gli voleva un gran bene nonostante il caratteraccio che esternava.
Anche quel venerdì passò abbastanza in fretta, il giorno dopo Edward doveva dirigersi alla stazione per andare a prendere Jessy, si fece trovare la mattina bello scattante, come se i giorni precedenti non avesse accusato un minimo di febbre. La madre aveva capito che qualcosa non andava e che quella della febbre era solamente una scusa, ma non volle stressare il figlio più di quanto non lo fosse già per conto suo.
« Ed, tesoro, sei sicuro di voler andare tu alla stazione? » chiese la madre stando al gioco.
« Si vedrai che prendere un po’ d’aria dopo giorni a star chiuso in casa mi farà solamente bene ».
« Ah tesoro! » fece di colpo Maria, « non trovo più la tua giacca di jeans, sai mica dove può essere finita? ».
Edward aveva completamente dimenticato della giacca a cui era tanto affezionato, in quei giorni passati era stato troppo occupato a pensare agli eventi di quello strano martedì.
« Che sbadato! Credo di averla dimenticata in classe qualche giorno fa, ero così preso dalla verifica di elettronica che ho completamente dimenticato dell’esistenza di quella giacca ».
« Se vuoi posso andar io più tardi a prenderla, non ci sarebbero problemi per me » chiese gentilmente la madre.
Edward la guardò sorridendo, poi infilandosi in fretta e furia un’altra giacca rispose:
« figurati, andrò io dopo aver riportato Jessy a casa! » e pimpante di energie aprì la porta d’ingresso e uscì.
Aveva una strana sensazione per quella giornata, come se sarebbe successo qualcosa, non sapeva se fosse stato un evento positivo o negativo ma quella non sarebbe stata una giornata normale. Scendendo le scale poté notare dalle finestre dello stabile che fuori c’era un tempo molto soleggiato ma allo stesso tempo un colorito strano che andava quasi sull’arancione, dall’adrenalina che sentiva dentro saltava quasi i gradini quattro per volta, quando poi arrivò al portone di casa il cellulare squillò.
Era appena arrivato un messaggio di Leo in cui gli scriveva che dovevano urgentemente parlare di Giorgia, che tutto ciò che era successo non era capitato per colpa sua.
Edward non diede molta retta a quel messaggio, una vocina dentro il suo petto gli mormorava già da giorni che Giorgia non c’entrava nulla con quanto era successo, non sapeva bene come fossero andate le cose ma era solamente ferito per ciò che aveva subìto in quel corridoio davanti a tutti gli altri ragazzi. Spense il telefonino senza rispondere, avrebbe chiarito direttamente lui con Giorgia non appena ne avesse avuta occasione pensò, in quel momento aveva solo un intruglio di sentimenti dentro che gli urlava di sbrigarsi a dirigersi in stazione, forse più per altro che per vedere sua sorella.

 

Emanuele

 

 

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