Bloodshed (Cap. 9)

CAPITOLO 9

 

 

…Nemmeno alla fine. Nemmeno quando quel cane ringhioso è sazio e lui ha le budella sparse dappertutto, non so come, ma quel bastardo è ancora vivo e mi sta fissando. Nemmeno quando afferro la sega e finisco il lavoro.

NON GRIDA MAI!

Marv – Sin City

 

Tre settimane dopo la festa la polizia trova altri due corpi mutilati, entrambi nuovamente riconducibili a tavole di fumetti disegnati da Cerbero. Le vittime dei suoi maniaci immaginari prendono forma e consistenza reale sotto i flash della Polizia Scientifica e sui tavoli del coroner. La stampa comincia a occuparsene quotidianamente e il clamore che si era acuito grazie anche al successo del libro diventa maggiore. Alcune indiscrezioni sulle indagini vengono a galla facendo scoppiare il caso a livello nazionale. Carlo Rebo non è indagato per gli omicidi, ma un suo coinvolgimento comincia a diventare l’argomento principale di talk show e programmi dedicati in cui esperti di ogni sorta condannano senza sconti la violenza innescata da orribili disegni che non hanno nulla di artistico.

Cerbero diventa anche il capro espiatorio di una crociata da parte di un gruppo di fanatici che gli intimano di non creare più immagini diaboliche. A dare man forte a tutto ciò ci si mettono alcuni esponenti politici di varie correnti che attraverso numerosi proposte di legge cercano di bandire un certo tipo di stampa. Tutto questo solo in Italia.

Nel resto del mondo si assiste a farse simili sebbene le nazioni coinvolte si limitano a ritirare dalle vendite i prodotti del fumettista in una sorta di boicottaggio concordato.

La risposta popolare è contraddittoria ovunque.

Se da un lato ci sono lettori e non delle opere di Cerbero che difendono la libertà di stampa e di pensiero in ogni sua espressione, dall’altro c’è chi è convinto che un certo tipo di stampa inciti alla violenza.

Assediato quotidianamente dai giornalisti e fan, Carlo si rintana in casa quando la sua incolumità è messa a repentaglio da uno squilibrato che cerca di accoltellarlo all’uscita di un’emittente radiofonica dove aveva rilasciato un intervista. Ogni giorno sotto la propria abitazione la polizia deve tenere a bada gruppi di manifestanti che si scontrano.

Anche il mondo artistico partecipa al teatrino.

Da più parti gli arrivano sollecitazioni affinché cessi quel tipo di attività, ma forte nell’orgoglio e nelle idee, il fumettista difende il proprio lavoro con i denti. Diego cerca di assecondarlo, ma presto si rende conto dell’inutilità del suo operato.

“È come contro i mulini a vento” gli dice una sera quando il clamore dell’ennesimo giorno sotto i riflettori sembra svanire, “Non ne usciamo da questa faccenda se continui a ostinarti”.

“Io faccio il mio dannato lavoro e lo faccio bene!”.

“Non ti sto chiedendo di rinunciare al tuo lavoro”.

“Ma non capisci? Possibile che tutto questo tempo con me non ti abbia fatto capire chi io sia?”.

“Ti conosco bene, Carlo”.

“Allora devi stare dalla mia parte” mormora Carlo afferrandosi la testa tra le mani. La tiene bassa, seduto sul suo divano, in una casa vuota ora che la polizia gli ha requisito tutte le bozze e disegni. Gli resta il tavolo e qualche schizzo che lui ostinatamente continua a preparare.

C’è in atto una guerra. Lui contro tutti.

Giorni prima aveva portato in tipografia l’ultimo albo disegnato ma il tipografo si era rifiutato di stamparlo.

“Mi dispiace” aveva detto l’uomo, un quarantenne che collaborava con lui da quando si era messo in proprio, “Se scoprono che ne stampiamo un altro è probabile che s’inventino una scusa per chiuderci. Se non arriva qualche fuori di testa a fare casino”.

Carlo aveva riflettuto su quelle parole fino a casa e davanti all’ingresso del palazzo si era reso conto di come le cose si fossero complicate. Prima, uscire era semplice. Se qualcuno gli chiedeva un autografo o una foto non aveva problemi a farlo. Prima, non era pericoloso.

Adesso per uscire o entrare in casa sua doveva attraversare scortato un mucchio di persone armate di striscioni e fiaccole. Fiaccole!

Quando le aveva viste i primi giorni ci aveva riso sopra. Erano venuti a bruciare l’eretico? Dopo una settimana non lo avevano divertito più.

Avendo fatto passare di se l’immagine dell’artista burbero non incline alle uscite pubbliche era abituato alle critiche.

Ma da settimane sfiora il linciaggio.

Cosa sarebbe successo se le persone che paga per proteggerlo lo abbandonano? E cosa gli avrebbero realmente fatto tutti gli esagitati?

Diego lo ha chiuso nel suo appartamento dopo il fallito attentato.

La sera stessa di quel giorno, un gruppo di ragazzi incappucciati aveva bersagliato le finestre dell’appartamento lanciando copie incendiate dei suoi fumetti come molotov.

 

“A morte lo stregone” mormora fissando dalla finestra i poliziotti che disperdono un gruppo di manifestanti che cerca di forzare il blocco.

“Vieni via” dice Diego dopo aver dato anche lui uno sguardo in strada.

La tv è accesa e i due si risiedono sul divano.

“Non c’è rete televisiva che non abbia un servizio su di me, dici che dovrei esserne lusingato?”.

Diego non risponde.

In quel momento su un canale privato uno psicologo sta spiegando ai telespettatori le conseguenze nefaste sugli adolescenti dei fumetti violenti e horror tanto di moda.

“Perché non…” sta per dire Diego quando il suo cellulare squilla, “Pronto?” risponde, “Ciao. Sì, sono qui. Chi? Ho capito. Cosa? Il ciondolo?”.

A quella parola Carlo si volta verso di lui.

“Va bene, siamo qui” aggiunge Diego e riattacca.

“Chi era?”.

“Teo. Sta venendo qui”.

“Di che ciondolo parlavi?”.

Qualche minuto dopo Teo e la misteriosa donna della festa sono seduti con Carlo e Diego al tavolo della cucina.

La donna si sta guardando intorno incuriosita.

“Me lo aspettavo diverso questo posto”.

“In che senso?” chiede Carlo.

“È vuoto”.

“Nadia” fa Teo, “Dopo la festa è scomparsa ed è stato difficile trovarla. Ci sono informazioni interessanti sul suo conto. Se non si fosse presentata al Commissariato l’avremmo sicuramente convocata”.

“Mi stavate cercando?”.

“Il signor Rebo si è sentito male dopo il vostro incontro. Ho delle domande da farle”.

“Eccomi qua”.

“Mi ascolti bene” dice il poliziotto puntandole un dito, “Dovremmo essere al Commissariato. Non ci sono ancora accuse nei sui confronti, ma è questione di tempo. Voglio vederci chiaro e lei mi dirà la verità”.

“Che succede?” chiede Carlo fissando prima lui poi il fratello.

“Gli esami che hai fatto dopo il malore alla festa hanno evidenziato nel tuo sangue una tossina allucinogena” risponde Diego, “Non ti ho messo a parte per via delle indagini che la polizia stava effettuando sul suo conto” aggiunge facendo un cenno con la testa verso la donna.

“La sua richiesta di parlare solo in presenza del signor Rebo mi incuriosisce” dice Teo, “Ha bisogno di altro, Nadia?”.

La donna si limita a sorridere.

“Perché possiede il suo ciondolo? E che centra con gli omicidi?”.

“Eccolo” dice la donna prendendolo da una tasca del suo pantalone e allungandolo a Carlo. È avvolto in un fazzoletto bianco.

Lui lo fissa, quindi cerca di prenderlo, ma Teo glielo impedisce.

“Non lo toccare. Credo che sia la causa delle tue allucinazioni”.

Il poliziotto apre il fazzoletto, afferra il ciondolo per la catenina e lo appoggia sul tavolo fissando la donna.

“Vi siete incontrati prima della festa, vero?” chiede Teo.

Nessuno dei due risponde.

“Il famoso ciondolo” mormora Teo rigirandoselo tra le mani sempre tenendolo per la catenina, “Cosa succederebbe se lo portassi alla Scientifica per analizzarlo?” chiede alla donna, “Come funziona? Rilascia la tossina a contatto con la pelle, vero? Ingegnoso e complicato. Chi è lei veramente?”.

“Senza il ciondolo non potrà continuare” afferma la donna.

“Continuare cosa?”.

“A disegnare” risponde lei, “Continuare la sua opera”.

“Tutto qua?” ribadisce l’altro, “Lei droga un famoso fumettista perché continui a fare quello che sta già facendo? Chi crede di prendere in giro? E cosa ha a che fare questo con gli omicidi?”.

La donna sorride senza rispondere. Fissa Carlo prendendolo per mano. Diego la guarda come si fa con un animale pericoloso.

“Quell’uomo che ha attentato alla tua vita non ti avrebbe mai fatto del male” dice lei, “Non glielo avrei permesso”.

Carlo la guarda attento e senza parlare.

La prima volta era stato difficile sostenere il suo sguardo, ascoltarne la voce. Ora che la rivede sente meno timori e prova meno angosce.

Dunque è vero. Sogna sotto l’influenza di una droga.

Il ciondolo era in possesso di Nadia, dunque l’effetto dell’allucinogeno deve essere stato potente perché ha continuato a sognare anche senza. Che droga mai riesce a far sognare ogni notte pezzi aggiuntivi dello stesso unico sogno? Carlo è distratto da quei pensieri dalle sue mani.

È come nei sogni, la stessa sensazione fisica di benessere. Provarla in quel momento a occhi aperti un po’ lo rassicura. Eppure qualcosa nei meandri della sua memoria gli suggerisce di non cedere. C’è altro.

Gira la testa e incrocia gli occhi vigili di Diego. Ecco cosa ha dimenticato. Diego, c’era anche lui nel sogno. Tutto quello che ha provato con lei in sua presenza è stato diverso. Più ostile, più cattivo. Anche questo era un effetto della droga?

Come nel sogno la donna sembra intuirei suoi pensieri e si volta anche lei verso l’amico che reagisce con un’espressione del viso più contrita.

“Conosce l’uomo che ha cercato di accoltellare il signor Rebo?” chiede Teo spezzando il silenzio che si è creato.

“Mio figlio è una delle vittime” risponde la donna fissandolo per un attimo, “Devi continuare a disegnare per tuo fratello” continua riportando la sua attenzione su Carlo.

“Quell’uomo è suo figlio?” domanda Teo.

“Chi è il fratello di Carlo?” chiede Diego, ma la donna non risponde.

“Nadia” dice con impazienza Teo, “Se non ha intenzione di parlare…”.

“Ho detto quello che so” risponde lei interrompendolo.

“Nadia” dice Diego, “Chi è lei?”.

La donna comincia a ridere divertita. Solo quando stacca le mani da quelle di Carlo questi sembra destarsi dal suo torpore.

“Sei sempre stato il più ragionevole dei due” dice Nadia rivolgendosi a Diego che resta in silenzio.

“Di cosa sta parlando?” chiede Teo.

“Il sangue. I legami di sangue” risponde lei alzandosi.

Teo fa lo stesso.

“Sai che ho ragione” mormora la donna fissando Carlo.

Teo ha intuito che la donna esercita sul fumettista un forte potere di persuasione. Forse riesce a ipnotizzarlo. Carlo ne è succube e la tossina nel suo sangue potrebbe esserne la causa. Ha letto il rapporto del medico, ma ci sono troppe cose che ancora non capisce.

Un fumettista famoso e cruenti omicidi. Se avesse ceduto all’isteria avrebbe sicuramente tirato in ballo i servizi segreti. Eppure le indagini sul conto della misteriosa Nadia sembrano portarlo proprio in quella direzione. Manca però la correlazione e il rapporto chiesto all’Interpol avrebbe potuto dargli delle risposte. Forse.

“Continua a disegnare” insiste Nadia.

“Tutto questo è ridicolo!” ribatte con veemenza Teo.

Nadia sostiene il suo sguardo.

“Avevo un fratello tempo fa” sussurra la donna avvicinandosi e accarezzandogli il viso con dolcezza.

Teo resta impassibile e non reagisce.

“Due a dire il vero” aggiunge guardando Diego con un sorriso.

 

Raffaele Scotti

 

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