CAPITOLO 8 – QUATTRO
Dopo pranzo, i 4 si erano finalmente diretti a prendere i due nuovi corpi. Questo corpo però, spiegò Idan, non sarebbe stato come quello che avevano prima. Trovarne uno organico sarebbe stato difficilissimo e trovarne uno che si abbinava anche alla loro testa era praticamente impossibile. Dunque ora ne avrebbero avuto uno di legno. Sarebbe stato leggero e resistente e l’Artigiano, o così lo chiamava Idan, era in grado di lavorare il legno come un poeta lavora le parole. Le sue opere erano così perfette da essere quasi migliori delle parti del corpo che riproducevano e infatti consistevano principalmente in protesi di legno. Ma a rendere speciali i suoi manufatti non era solo l’aspetto artistico, ma il poterli muovere e maneggiare come fossero originali. <<Se perdi una mano>> continuava a spiegare Idan <<l’artigiano te ne può fare una nuova così bene che non noteresti alcuna differenza da quella che avevi prima, se non fosse per il fatto che prima ne avevi una in carne e ossa e ora ne avresti una di un colore marrone scuro e ambrato>>.
La superfice delle sue protesi funzionavano come vera pelle dal momento che riuscivi ad avere il tatto anche con esse. L’unico svantaggio, anche se sotto altri punti di vista era l’opposto, era che non si riusciva a percepire il caldo o il freddo. Per il resto, avere una delle protesi dell’Artigiano era considerato un vanto.
Il prezzo da pagare però era caro, o meglio, diverso. L’Artigiano era una persona anziana e scorbutica, non c’era niente che gli piacesse in questo mondo e quindi l’unico modo che aveva per essere felice era vivere il mondo sotto gli occhi di un altro. Ed era in questo modo che l’artista veniva pagato: con ricordi di avvenimenti felici vissuti da altre persone permettendogli di vivere esperienze altrui e anche le loro emozioni del momento. Più il pezzo che doveva lavorare era complicato più il ricordo sarebbe dovuto essere felice e lungo. L’inconveniente era che il cliente non ne avrebbe avuto più memoria, ma in compenso l’Artigiano avrebbe vissuto altri minuti di gioia, minuti di infanzia, amicizia, amore: tempi mai vissuti ma per sempre vividi nella sua memoria.
Quando i 4 entrarono non si trovarono davanti una persona con un aspetto “comune”. L’Artigiano era un vecchio sessantenne con la barba incolta e pochi capelli grigi che venivano raccolti dietro la sua testa in una coda sbiadita. Aveva l’aria arrabbiata e scocciata pur essendo stato solo lavorando tranquillamente su una gamba di un cliente. Ma non era certo questo a essere fuori dalla norma. Da poco sotto le sue ascelle, infatti, spuntavano altre 2 braccia con 2 gomiti ciascuna e nelle mani di queste c’erano degli occhi poco sopra le nocche e dello stesso colore verde di quelli che aveva in faccia. Il modo in cui muoveva le 4 braccia, la maniera in cui osservava il suo operato con tutti quei occhi, i suoi gesti attenti e la sua precisione erano la prova che tutto ciò che si diceva sul suo lavoro era vero. Guardando in giro per la bottega si potevano vedere moltissimi arti sia appesi al muro che penzolanti al soffitto. Queste protesi erano di tutte le misure, anche per bambini. Quando Seen alzò lo sguardo gli parve che tutte quelle mani di legno appese volessero avanzare per prenderlo.
Dando loro la schiena, il vecchio alzò le due braccia più lunghe e li guardò con quegli occhi aggiunti. Quando i due bulbi videro le due teste l’Artigiano emise un <<Mmmmh>> profondo e sonoro. Si girò sullo sgabello girevole, si alzò e avanzò verso di loro. Prese in mano la testa di Seen e cominciò a girarla. “Non di nuovo!” pensò il povero ragazzo mentre il suo capo veniva maneggiato a piacimento. Dopo averlo osservato attentamente ed aver emesso molti “mmmh” pensierosi, l’Artigiano cominciò a prendere misure del diametro della testa del suo cliente. <<Quanto alto eri?>> chiese mentre lo teneva ancora in mano.
<< Un metro e ottanta circa>>.
<<Mmmmh… Eri magro, grasso, muscoloso?>>.
<<Normale>> disse Seen un po’ imbarazzato da quell’attenzione.
<<Mmmmh…Mmh… hai qualche richiesta? Addominali? Tatuaggi? Qualche neo a cui sei affezionato?>>.
<<Mi basterebbe averne uno come quello che avevo già>> rispose Seen. Dopo di lui fu il turno di Raymond, il quale invece optò per avere un corpo più atletico di prima.
Dopo altri svariati “mmh”, l’Artigiano si fece più serio e disse: <<Mmmh… ci metterò tutta la notte a costruirvi il corpo ma gli altri pezzi sono già tutti pronti. Vi costerà un ricordo molto felice e prezioso, tra i migliori che avete>>. Osservò i clienti in attesa di risposta ed entrambi annuirono. Allora tirò fuori dalla tasca una piccola gemma viola a forma di rombo e la poggiò sulla fronte di Seen. <<Ora devi pensare intensamente a un ricordo. Cerca di ricordare più dettagli possibili e tutto ciò che era successo in modo che duri più a lungo. In genere quelli di infanzia sono i più felici>> gli spiegò. A quel punto il ragazzo cominciò a pensare brevemente alla sua vita. I momenti più felici che riusciva a ricordarsi erano quelli con Erien e Mamma. Quelli con la principessa erano i più vividi ma decise di optare per i suoi ricordi di infanzia come suggeritogli. Mamma non era la sua vera madre, non aveva la più pallida idea di chi fosse realmente, sapeva solo che era una donna e che stranamente aveva una sorta di affetto per lui. Spesso da bambino, infatti, riceveva le sue visite al monastero, sempre senza preavviso ma sempre benaccolte. Ricordava il suo buonissimo profumo, i suoi abbracci stretti, i pomeriggi passati con lei… Era la figura più simile ad una madre che avesse mai visto in una persona e quindi aveva cominciato a chiamarla Mamma. “Mamma” ripensò tra sé e sé Seen facendo tornare in mente molti ricordi, tutti felici a parte l’ultimo: quello in cui Mamma gli disse che non avrebbe più potuto vederlo, quello in cui gli disse addio. Voleva ancora moltissimo bene a quella donna nonostante non sapesse nulla di lei. Ma non era il momento di fare i nostalgici, pensò Seen. Cominciò allora a pensare intensamente a uno dei bei pomeriggi passati con lei.
Erano su un prato in mezzo ad un bosco, non c’era nemmeno una nuvola in cielo e l’aria era fresca e profumata. Mamma era sorridente e stava indossando un vestito viola scuro. Erano tutti e due sdraiati sull’erba, lui con la testa appoggiata sulla sua pancia mentre lei gli raccontava una favola. <<C’era una volta, non così tanto tempo fa, una strega potentissima. Si dice che suo padre fosse uno spettro e sua madre un’altra strega molto abile. Il suo nome era Annab->>
<<Cos’è uno spettro?>> la interruppe Seen, incuriosito più dai personaggi che dalla storia.
<<Gli spettri hanno un aspetto simile a quello degli umani solo che molto più pallidi e hanno anche le corna. Inoltre la loro magia è molto più potente di quella delle streghe o degli elfi. C’è chi dice addirittura che uno spettro sia in grado di fare letteralmente tutto quello che vuole solo che in genere evita di farlo in quanto pigro. Nascono in luoghi dove sono avvenuti fatti orrendi come in una valle in cui è stata appena svolta una guerra particolarmente sanguinolenta e vivono per la morte e la distruzione.>>
<<E allora perché stava assieme con una strega?>>
<<A volte l’amore è più forte anche della morte e della distruzione>>.
<<E come fa ad esserlo?>> continuò Seen.
<<Non lo so>>.
<<Perché?>>.
<<Nessuno lo sa>>.
<<Perché?>> chiese ingenuo il bambino. A quel punto Mamma lo prese alla sprovvista e cominciò a fargli il solletico. <<Ma guarda quante domande che fa questo ometto!>> disse mentre le sue braccia facevano il solletico a Seen, il quale si divincolava ridendo dalla pazza gioia. Continuarono così ancora per un po’, ridendo e facendosi solletico a vicenda, fino a quando Mamma non lo abbracciò forte baciandolo sulla guancia. <<È un bene che tu sia curioso. Non accontentarti mai di ciò che sai>> gli consigliò. Rimasero ancora sdraiati ad osservare il cielo.
<<Ti voglio bene Mamma>> spuntò dal nulla Seen interrompendo il silenzio.
<<Anch’io te ne voglio ometto>> rispose.
Rimasero sdraiati per ore l’uno accanto all’altro senza dire una parola perché da dire non c’era nulla. “Questa è pace” pensò il bambino e mentre veniva accarezzato dalla donna cominciò lentamente a chiudere gli occhi e dopo poco tempo si era già addormentato.
Mentre Seen ripensava a quel dolce ricordo la gemma si fece più luminosa e rimase attaccata alla sua fronte senza il bisogno che l’Artigiano la tenesse. Lo sguardo del ragazzo era assente perché era completamente assorto nel ricordo. Dopo qualche minuto spalancò gli occhi come se si fosse appena svegliato da un sogno e la gemma cadde nelle mani già pronte del vecchio.
<<Ora è il suo turno signore>> disse mentre appoggiava la gemma su Raymond.
Mentre uscivano l’Artigiano stava già vivendo i loro ricordi con la pietra appoggiata sulla propria fronte e uno sguardo finalmente beato.
<<Che ricordi gli avete dato?>> chiese Idan interessata.
<<Uno d’infanzia>> rispose Seen.
<<Gliene ho dato uno di quando il mio maledetto figlio era ancora un bambino innocente ed ingenuo>> rispose invece Raymond mentre le sue sopracciglia si inclinavano formando uno sguardo arrabbiato.
<<Ok>> proseguì Idan <<Che ne dite stronzetti, facciamo un giro della città?>>.
Dopo 2 ore passate a girare la città e a vedere le sue botteghe magiche e i suoi abitanti bizzarri, Seen non era ancora minimamente stanco. In parte perché era ancora eccitatissimo perchè tutte le cose fantastiche che aveva visto, come il mercato dei pesci urlanti o il negozio di cappelli-fontana, lo avevano spinto a volerne vedere di nuove, e in parte perché non era lui a dover tenere una testa in mano tutto quel tempo. Decisero quindi di sedersi su una panchina di Piazza Piccione, chiamata così per i tanti piccioni che si raggruppavano in quella piazza. In mezzo a quella marea di pennuti sporchi c’era un individuo che sembrava essere ancora più sudicio di loro. Aveva dei capelli oleosi e grigi che gli sarebbero arrivati fino a sotto i piedi se non li usasse come sciarpa. Sul mento era attaccata una barba nera e bianca che teneva appoggiata alle spalle, lasciando che le due metà gli scendessero dietro la schiena, e indossava dei vestiti sporchi e malridotti. <<Arriverà un giorno in cui questa città sarà invasa da mostri!>> urlava tra un sorso di vino e l’altro il malmesso. <<Ve lo giuro gente, riesco a vedere che ci sarà un drago che sputa fuoco proprio lì dove siete seduti voi!>> disse puntando dritto verso le 2 streghe e le 2 teste. A quel punto Idan cominciò a spiegare << Quel tipo è pazzo. Tutti lo chiamano Vino perché e sempre ubriaco. Nessuno sa da dove venga né come sia arrivato qui e come se non bastasse dice che riesce a prevedere il futuro perché parte del suo cervello viaggia incontrollato nel tempo. Che cazzone! Se provasse a bere un po’ di meno e a non spaventare i bambini con le sue urla qualcuno gli darebbe una ma->>
<<SEEN NARROOOW>> urlò improvvisamente Vino dirigendosi verso il giovane salutandolo come se fossero vecchi amici.
<<Come sai il mio nome?>> chiese spaventato.
<<E io che ne so? So che lo saprò! Dimmi, chi sei giovanotto?>> disse poco prima di prendere un altro sorso di vino. Poi si mise in piedi con il petto in fuori e la pancia in dentro come se stesse salutando un generale, chiuse i suoi occhi arrossati indietreggiando la testa e si accasciò per terra cominciando a russare sonoramente.
<<Come fa a sapere il mio nome?>> chiese Seen in cerca di spiegazioni. Era spaventato e sconvolto dopo averlo sentito.
<<Forse aveva detto “Siiiì Arrow”. È il nome di un pub che immagino quel pazzo frequenti spesso. E ora direi di spostarci questo qua puzza come la merda e in più siamo al centro dell’attenzione ora>> disse Idan, accorgendosi degli sguardi della folla. Questa spiegazione non tranquillizzò l’animo di Narrow, ma era abbastanza per spingerlo a convincersi che la strega aveva ragione. I quattro si alzarono, o meglio le due, ma sembrava che le sorprese non fossero finite. Verso di loro stava dirigendosi un giovane ben vestito. Mentre camminava decine di piccioni volavano per allontanarsi dalla sua traiettoria facendolo sembrare una pinna di uno squalo veloce che emerge dall’acqua formando una “V” sulla superficie. <<Raymond! Non puoi sapere che sorpresa è vederti qui! Oh! Vedo che hai perso la testa.>> disse lo sconosciuto una volta vicino, sorridendo in modo beffardo. Esausta Idan chiuse gli occhi e disse: <<E questo chi cazzo sarebbe?>>. Raymond impiegò dei secondi per rispondere. Era passato un mese di tempo da quando lo aveva visto l’ultima volta e nonostante ora avesse una barba corta sul viso e si fosse tagliato i capelli lunghi lo riconobbe subito. Quei occhi astuti e fini simili ai suoi, quel mento prominente tipico dei Grand, sarebbe riuscito a riconoscere quei tratti ovunque. Il suo sguardo serio prese una punta di rabbia quando rispose: << Questo qui… è mio figlio.>>
Thomas Belvedere
Meno male che non gli ha dato i ricordi con la principessa, temevo già che si sarebbe dimenticato di lei!
Non credo che le previsioni di Vino siano solo invenzioni, questo personaggio tornerà sicuramente. E poi la Mamma gli stava raccontando di Annabel! Non era solo una favola!!!
Anche io credo che Vino non sia pazzo, e credo che la “Mamma” tornerà, non vedo l’ora di continuare a leggere il resto della storia, sono proprio curiosa di vedere come si evolveranno tutte le vicende 😍