CAPITOLO 16 – FORZA DI SPIRITO
Stavolta, dopo quella faticante ed intensa giornata, Erien riuscì finalmente ad addormentarsi, ma questo non vuol dire certo che passò una notte tranquilla. Il suo sonno tanto aspettato fu tormentato da terribili incubi continui che la facevano risvegliare di continuo col cuore che le martellava veloce nel petto. Appena chiudeva occhio sognava cose sempre più orribili: i ragazzi che venivano torturati con sangue rosso che usciva dalle loro ferite come piccoli ruscelli mentre loro urlavano di dolore, quelli forzuti che strappavano a metà persone usando solo le loro braccia e le loro mani possenti per farlo, il sorriso del magnifico Simon Engarion mentre mandava avanti un esercito di inumani, e infine, il più triste di tutti, Seen con la testa che gli si staccava dal collo mentre dal taglio usciva ancora più sangue, e con una così alta velocità e quantità da formare col suo flusso un lago in tutta la piazza dentro il quale Erien era costretta a nuotare per sopravvivere, ma finendo per affogare, soffocata dal liquido rosso e caldo del suo ragazzo.
Erano le quattro di mattina quando la principessa decise di arrendersi, si alzò dal letto e andò a vedere il paesaggio fuori dalla sua finestra. Le stelle erano ancora alte in cielo e probabilmente sarebbe stato così per ancora qualche ora. La stanza era immersa nel buio, e questo le dava una sensazione di pace e solitudine, la cosa che voleva di più in quel momento. Si affacciò fuori dalla finestra per guardare sotto. La stanza dove si trovava era molto in alto, se si fosse buttata giù sarebbe morta sicuramente. “E se lo facessi?” pensò “e se mi lanciassi di sotto?”. Ancora stordita dal sonno, spalancò le finestre lasciando che l’aria fredda la avvolgesse e che il vento le spostasse lievemente le ciocche neri. Si appoggiò sul bordo della finestra con le mani, si arrampicò, e ci si sedette sopra appoggiando la schiena al muro. Se scendeva da una parte sarebbe ritornata con i piedi nella sua stanza, la stanza del castello degli Engarion in cui ora si trovava prigioniera, se fosse scesa dall’altra, invece, sarebbe stata libera. “Libera”
<<Non farlo Erien!>> urlò Seen.
<<Perché no? Da una parte c’è la pace, dall’altra la guerra. Perché non dovrei correre per la libertà?>> chiese la principessa con una voce calma, come se la sua vita fosse una semplice moneta che poteva far uscire testa o croce cadendo da una tasca.
<<Perché ci sono moltissime vite che dipendono su di te. La tua vita ne vale almeno migliaia, il destino del Regno di Rendia, di Roundigham, di Vollinsense, di quei ragazzi e probabilmente anche dei nani, tutto dipende da te Erien>>
<<Lo so>> Erien si voltò verso Seen, rivelando le lacrime che scendevano a fiotti <<Diamine se lo so, ma credi che riuscirei a continuare così? La mia vita è sempre stata considerata un oggetto: io non sono mai stata una ragazza, ma solo l’unica via per il trono. Ho passato tutta la mia vita guardata da uomini con avarizia e desiderio nei loro occhi, tutti volevano farmi e prendere il potere. Gli unici che mi guardavano diversamente erano tu e mio padre. Ho avuto questo disagio continuo che mi tormenta da quando sono bambina in quanto principessa e ora mi ritrovo anche in questa situazione, dove tutto dipende da cosa farò. E la verità è che non so cosa fare, Seen, e o paura che la risposta non sarà felice. Voglio tanto scappare, scappare da tutti e tutto>>
<<Se io sto dicendo questo, vuol dire che anche tu lo stai pensando. Dentro di te sai cosa devi fare, perché è la stessa cosa che so io. Devi tenere duro per tutte i tuoi sudditi, lo so che è difficile, ma non sono stati loro a decidere il loro futuro come non lo sei stata tu. La vita è ingiusta con le persone, non esserlo anche tu>>
Erien guardò di nuovo il lontano prato verde sotto il suo piede destro, e poi scese dall’altra parte, atterrando sulla fredda roccia della sua stanza. Sdraiata per terra continuò a piangere <<Mi manchi così tanto Seen. Mi manchi troppo, troppo>>.
<<Lo so>> disse lui mentre si sdraiava al suo fianco per scaldarla con le sue braccia.
Dopo un’ora le sue lacrime erano finite, e la ragazza sapeva cosa si doveva fare. Non era cosa né facile né confortevole ma doveva essere fatto. Doveva uccidere Simon Engarion. Non sapeva come o quando, ma si era convinta fosse l’unica soluzione. Sarebbe stata un atto che l’avrebbe tormentata per il resto della sua vita assieme a tutti i ricordi riguardanti la vittima, ma come lei doveva vivere per gli altri, anche Simon sarebbe dovuto morire per loro.
Erien rimase sdraiata ancora un po’ sul pavimento prima di rialzarsi. Tutto quel pianto l’aveva resa debole e le aveva regalato un brutto mal di schiena. Si alzò addolorata e si guardò attorno senza sapere cosa fare. Stava per buttarsi di nuovo nel letto, sperando che non sarebbero tornati gli incubi, quando sentì una voce fuori dalla sua porta. Era troppo debole e confusa per essere capita ma le sembrava che quella voce dicesse solo una parola sola, trascinandola fino a farla diventare un urlo. Aprì la porta e in fondo al corridoio vide una luce muoversi.
<<Chissà cos’è?>> chiese Seen.
Erien si incamminò lentamente verso la luce ma dopo pochi passi questa si spostò in un’altra stanza. Per paura di perderne la traccia, la ragazza cominciò a correre cercando di fare il minor rumore possibile. Per quanto aveva paura di quel lume fluttuante e misterioso sentiva che doveva vedere cosa fosse e cosa ci stesse facendo lì.
La principessa Erien Millow era sempre stata così, se vedeva qualcosa di peculiare si avvicinava sempre per osservarla meglio. Ricordava ancora quando da bambina si era messa a toccare la barba blu del generale Woodreng, facendo imbarazzare tremendamente suo papà davanti a tutti i suoi ospiti ma facendo ridere sonoramente il generale. Il suo nodo alla gola non si era ancora totalmente sciolto ma il poter rincorrere una luce in un corridoio buio, le diede stranamente gioia.
La ragazza aprì la porta ovale che poco prima era stata attraversata senza essere aperta dall’oggetto misterioso e si trovò davanti un’altra rampa di scale. L’ultima volta che aveva percorso dei gradini mai percorsi prima si era ritrovata ad assistere all’operazione del povero Ciferro. Questo ricordo la rattristò un po’, ma non la fece certo tirare indietro di fronte all’ignoto. In cima riusciva a vedere ancora quella luce misteriosa muoversi e quindi cominciò a salire velocemente le scale ripide e ad arco. Giunta in cima aprì un’altra porta di legno e si ritrovò sul tetto del castello degli Engarion. Il solaio consisteva in una larghissima cupola di marmo bianco con al centro un largo pavimento piatto. Erien aveva sentito dire che nel palazzo di Frolilorf, durante l’estate, tenevano molte feste in quanto era un posto più alto e ventoso, “e non avevano tutti i torti”, pensò Erien, la quale, con il suo leggero vestito bianco, si ritrovò a tremare dal freddo. Il cielo era pieno di stelle e la luna era splendente quindi si riusciva a vedere tutto il paesaggio attorno molto chiaramente, se guardava ad Est riusciva addirittura a vedere in lontananza l’infinito mar Blast. Ovviamente non le importava di tutto questo perché ora era concentrata sulla figura bianca in lontananza. Ora che la vedeva meglio, poteva notare che essa aveva una sagoma simile a quella di un uomo anche se aveva il braccio sinistro troppo corto e quello destro troppo lungo.
<<Paaapaaaaà>> continuava a chiamare <<Paaaaapaaaaaà>>. L’uomo luminoso stava dando le spalle alla principessa ma dopo un po’ sembrò accorgersi della sua presenza. Si voltò verso di lei guardandola dritto negli occhi, e come se fosse stato una piuma trasportata dal vento si avvicinò velocissimamente ad Erien fluttuando. Si fermò a pochi metri da lei e ad altrettanti metri dal suolo. <<Paaaapaaaaaà>> continuava a chiamare la luce umana, mentre la principessa cominciava a capire con cosa si trovava a che fare.
La persona in cerca del padre che si trovava svolazzante sopra di lei aveva un arto che finiva con una lunga spada invece che con una mano e l’altro che finiva mozzato poco sopra il polso. Le sue guance erano segnate da lacrime bianche come la neve, e dello stesso colore pallido era tutto il suo corpo a petto nudo, i suoi indumenti, la lama del suo braccio e i suoi occhi. Quello che si trovava davanti Erien non era di certo una luce fluttuante.
<<Un fantasma!>> esclamò Seen a bocca aperta con il viso illuminato dallo spirito il quale guardando Erien dritta negli occhi le chiese con una voce supplicante e piangente <<Dov’è il mio papà?>>
Capitolo 27 del manuale scritto da Thomira Beveler “Tutte le creature viventi e non”
I fantasmi
I fantasmi sono spiriti di esseri viventi e possono essere sia di animali , di umani o esseri magici. Si formano dopo aver subito una violento decesso; normalmente questo consiste in un assassinio a tradimento o ad una morte lenta e molto dolorosa. Il loro scopo nella vita/morte può essere molto vario, ma in genere si basa sul concludere azioni iniziate nella vita passata, comprendere come e perché si è morti, oppure tormentare il proprio assassino a fini vendicativi.
Le loro apparenza è la stessa di quella in cui sono morti, con la differenza che appaiono luminosi e traslucidi, se i fantasmi fanno parte di una maledizione, potrebbero avere un aspetto putrefatto o demoniaco (per altre informazioni guardare il capitolo 43: Maledizioni con fantasmi).
I fantasmi sono in grado di fluttuare nel vuoto riuscendo a spostarsi anche più velocemente di un cavallo e di alzarsi fino a cento metri cento metri dal suolo. I loro spostamenti sono però limitati dal rapporto con una certa persona o con un determinato luogo infestato che impedisce il fantasma interessato di allontanarsene troppo. La persona o il luogo coninvolti nell’apparizione del fantasma hanno normalmente a che fare con la morte dello spirito quando questo era ancora in vita.
I fantasmi possono diventare corporei o meno a seconda di cosa decidono di fare e questo permette loro di attraversare oggetti, mura e persone.
Sono in grado di scomparire del tutto, ma nessun fantasma sembra essere stato in grado di controllare e di sfruttare a pieno questa tecnica. In genere scompaiono quando provano emozioni troppo forti come terrore, tristezza o confusione.
I fantasmi possono colpirti più o meno forte dipendentemente da quanto forti erano nella loro vita passata però i loro colpi sono comunque leggermente meno potenti di prima. Se si parla di streghe o elfi la loro magia non è più efficace. I lupi mannari muteranno forma con la luna piena anche sotto-forma di spiriti.
ATTENZIONE: i fantasmi non avranno dei pugni troppo forti, ma sono ancora in grado di utilizzare armi o lanciare oggetti pesanti. Se vi trovaste di fronte ad un fantasma che non conoscete dovete scappare immediatamente perché è alquanto probabile trovarvi in un pericolo mortale.
I fantasmi hanno normalmente gli stessi ricordi che hanno in vita anche se in genere possono essere offuscati dalla rabbia o dalla tristezza. È possibile che il fantasma abbia una capacità di ragionare nettamente inferiore a quella che avevano ancora in vita, ciò è probabilmente dovuto al trauma subito dal passaggio dal regno dei vivi a quello dei morti.
I fantasmi compaiono solamente quando è buio o in zone molto ombrose come boschi, grotte, sotterranei o fogne.
Le persone che dopo la morte diventano fantasmi dovevano avere un sentimento molto forte che li legava al mondo terreno, questo sentimento può essere sia di odio che di amore ma generalmente è il primo.
Per scacciare un fantasma bisogna riuscire a dissolvere il sentimento che lo tiene legato alla realtà terrena.
Alcuni esempi famosi di fantasmi sono:
-il fantasma della via Rasper: un fantasma che in vita era un assassino che uccideva solo donne e continuò ad aggirarsi la notte per il vicolo dove usava farlo con in mano una mannaia e l’intento di squartare altre vittime. Se ne tornò nel mondo degli spiriti quando sua moglie lo pugnalò con un coltello prima che lui la colpisse con la mannaia. Sfortunatamente, dopo questo evento, avendoci provato gusto, la moglie divenne un’assassina che uccideva solo uomini.
-il fantasma del cimitero: seppellito vivo in precedenza, infestò il cimitero per anni e trovò pace solo quando vide i suoi assassini venire seppelliti anche loro uno dopo l’altro.
-il fantasma del lago Labton: morta affogata in un lago, la bambina fantasma si aggirava per il lago e trovò pace solo quando scoprì la propria assassina: sua madre.
-il fantasma del bambino: morta a causa di una malattia, la mamma fantasma protesse suo figlio fino a quando non fu completamente certa che il bambino era forte abbastanza per continuare la sua vita da solo senza aver bisogno di lei.
-il fantasma della salumeria: ucciso da una salsiccia avvelenata dal macellaio, il cane fantasma rubò ogni notte una salsiccia allo stesso macellaio (esattamente come faceva in vita), se ne andò dal mondo terreno quando il macellaio decise di regalargli una salsiccia di sua spontanea volontà capendo che nella vita c’erano cose più importanti della sua carne. Sfortunatamente fu ucciso la stessa notte dalla famigerata assassina di uomini della via Rasper.
Dopo aver ricercato tutte le informazioni inerenti i fantasmi che sono riuscito a raccogliere e a confrontare sono giunto alla solida certezza che l’incontro con un fantasma non sia affatto… spiritoso!
<<Dov’è il mio papà?>>
Erien non sapeva affatto come rispondere a quella domanda ma, nonostante in quel momento fosse terrorizzata, cercò comunque di aiutare il fantasma angosciato. <<Chi sarebbe tuo papà?>>
<<Mio papà è la persona più fantastica del mondo, sono sicuro che lo conosci>>
<<Potresti dirmi come si chiama?>>
<<Mio papà si chiama Simon Engarion>> rispose il fantasma con una voce fiera.
<<È stato Simon a farti questo?>>
<<Papà stava cercando di rendermi più forte, più utile, ma purtroppo io ho fallito e sono morto. Dov’è il mio papà?>>
Erien, ora che si trovava in presenza di uno dei figli del principe, voleva capire come mai non si erano ancora ribellati, voleva capire cosa li spingeva a sacrificare il proprio corpo e la propria vita per lui senza indugi. Quindi, spinta dalla curiosità, continuò a fare domande. <<Perché continui a proteggerlo? Perchè hai dato la tua vita per tuo padre? Cosa ti faceva pensare che se la meritasse?>>
Il ragazzo fluttuante inclinò la testa come se non stesse capendo la lingua della vivente. <<Mio padre mi ha salvato, mi ha adottato quando avevo perso tutto e mi ha dato un tetto, cibo, insegnamento e affetto. Ha fatto tutto questo per me e per tutti i miei fratelli. Gli devo in cambio come minimo la mia vita. Ma ora dimmi, ragazza, dov’è mio papà?>>
<<E a te va bene tutto questo? Come fai ad accettare il fatto che tuo padre abbia chiesto a te e ai tuoi fratelli di poter mutare il vostro corpo arrivando addirittura ad uccidervi?>>
Il fantasma si avvicinò ad Erien <<Mio papà mi vuole rendere più forte, mio papà ha dato un senso alla mia vita, mio papà mi ha fatto diventare importante. Quelli che muoiono sono solo i deboli, gli inutili. Dobbiamo vivere per proteggere i tre regni. Ma adesso rispondimi!>> insistette il fantasma <<Dov’è mio papà?>>
<<Ma anche tu sei morto>> si azzardò a puntualizzare la principessa, facendo un errore piuttosto grave.
Il fantasma cominciò a piangere in un modo che la ragazza non credeva possibile.
<<Aaaaah!>> il fantasma piegò la schiena all’indietro lanciando un urlo straziante ed elevandosi di metri e metri sopra di lei.
Quando l’urlo finì cominciò a muoversi velocemente verso di lei tagliando l’aria con la sua spada. <<Non è vero! Non è vero! Io non sono morto! Sta zitta! Zittaaaa!>>
Erien cominciò a correre per sfuggire ai suoi colpi, ma era chiaro che l’avrebbe raggiunta prima o poi. Aprì la porta e scese la rampa di scale più velocemente che poteva rischiando quasi di cadere.
<<Zitta! Zitta! Paaaapaaaaà! Dove sei? Zitta! Ah!>> le sue urla erano assordanti e straziate.
Quando raggiunse il pavimento Erien non riuscì a restare in equilibrio, cadde sul tappeto, e subito dopo arrivò il fantasma. Con gli occhi offuscati dalle lacrime, lo spirito finì per frantumare il vetro della finestra circolare e uscire dal palazzo passando sopra la principessa. Fuori si riuscivano a sentire ancora le sue urla che si facevano pian piano più lontane.
Distesa per terra, Erien riprese fiato aspettando che il ragazzo fluttuante fosse lontano. Rialzandosi si accorse di essersi fatta male al braccio sinistro sul quale era caduta, ma di certo non avrebbe perso tempo a lamentarsene, pensò la principessa pensando al pericolo scampato.
Ora il corridoio era di nuovo silenzioso e poteva riordinare tutti i suoi pensieri. Simon aveva fatto un lavaggio del cervello a tutti i suoi figli, da quanto aveva visto le sembrava che non ci fosse modo per riuscire a farli tornare come prima, ma almeno questo voleva dire che non stavano soffrendo così tanto come avrebbe sofferto una persona normale. Per quanto il magnifico fosse crudele, almeno si era impegnato a rendere i suoi figli così pazzi da renderli felici e fieri per ciò che stavano facendo e patendo.
“In che situazione mi sono cacciata!” si chiese Erien. Ora, come se non bastasse, si era aggiunto anche un fantasma impazzito alla lista dei suoi problemi.
Mentre pensava questo, cominciò a camminare verso la sua stanza dal momento che non sarebbe stato bello farsi trovare nel corridoio del castello a quell’ora e con un vetrata rotta come per un vano tentativo di fuga. Stava per fare un altro passo quando da fuori sentì di nuovo un rumore.
<<Zitta!>> il fantasma ruppe un’altra finestra in mille pezzi luccicanti e con il suo braccio affilato penetrò rompendolo il cranio della “povera ragazza”, la statua fatta dal nano scultore Peridi raffigurante una bambina orfana. I pezzi di marmo bianchi caddero pesantemente sul pavimento dividendosi in altri pezzi più piccoli e mostrando ad Erien cosa le sarebbe successo a breve se non se la fosse dato subito a gambe.
<<Zitta! Zitta! Papà! Zitta!>> ora nella sua voce si sentiva più rabbia che tristezza.
Erien stava correndo il più velocemente possibile senza sapere esattamente dove quando raggiunse la fine del corridoio che si concludeva con un portone chiuso a chiave. Voltandosi, Erien notò che ormai non aveva più via di scampo.
<<Zitta!>> il fantasma sprofondò la sua spada nella porta ad un dito dalla sua testa. Vedendolo incastrato, la ragazza stava per cominciare a scappare di nuovo quando il ragazzo la colpì con il suo braccio tagliato. Non era molto forte, ma abbastanza da farla cadere di nuovo a terra e di lasciare a lui il tempo di prepararsi ad infilzare la sua vittima con sicurezza. Puntò la sua spada dritto all’esofago di Erien e lo avrebbe tagliato di netto se in quel momento il fantasma non si sentì chiamare da una voce molto famigliare.
<<Lasciala stare Chelemo!>> disse Simon mentre la luce notturna della luna e del fantasma gli davano un’aria ancora più affascinante del solito.
<<Papà!>> il ragazzo si voltò piangente e contento, finalmente lo stava rivedendo, pensò Chelemo, per la prima volta, dopo che lo aveva deluso profondamente con la sua morte.
<<Scusa se non ce l’ho fatta. Scusa se non sono stato all’altezza. Scusa se sono stato debole. Ti prego papà, perdonami. Scusa>> ricominciò a piangere senza controllo e si accasciò ai piedi di suo padre chiedendo il suo perdono. Simon Engarion si chinò per avvicinarsi al figlio e poggiò la sua mano gentile alla sua guancia accarezzandolo dolcemente.
<<Figliolo, come fai a dire queste cose? Tu sei stato coraggioso come nessun altro. Hai dato la tua vita per il tuo paese, sei stato decisamente all’altezza per me e anche per i tre regni. Sono fiero di te Chelemo, sei stato fantastico>>
<<Papà, mi vuoi ancora bene?>> chiese il figlio in pena alzando lo sguardo timido per guardare il padre carismatico.
<<Ti voglio un mondo di bene>> disse mentre gli dava una mano a rialzarsi. Una volta in piedi, il principe strinse forte lo spirito tra le sue braccia dandogli un caloroso abbraccio.
<<Grazie papà, grazie>>
Il fantasma cominciò a cambiare il proprio colore diventado lentamente meno luminoso, lentamente più trasparente, lentamente più silenzioso, fino a quando, lentamente e tra le braccia di suo padre, scomparve.
<<Grazie>> si sentì un’ultima volta prima che se Chelemo ne andasse del tutto.
A quel punto Simon fissò Erien e le ordinò di tornare immediatamente a letto.
Quando fu abbastanza lontana Simon si affacciò alla finestra e guardando l’alba che stava cominciando a sorgere in quel momento sussurrò con una voce debole e malinconica e quasi nostalgica <<Chelemo, figlio mio>>.
Solo quando le sentì cadere sulla sua mano si accorse di loro, delle lacrime che stavano scendendo dai suoi occhi tristi, pesanti come lo erano i delitti che nella sua coscienza sapeva stava commettendo e che continuavano a farlo sentire in colpa.
Thomas Belvedere