Ogni sera mi addormentavo con la fottuta speranza di incontrare il giorno o i giorni seguenti l’amore, ma l’amore vero quello per il quale anche soffrire fa piacere. Il tutto si concludeva con un lungo pianto e una sconfortante dormita. Quella notte però accadde qualcosa, un sogno diverso, una sensazione appagante. Era novembre.
Come in un racconto metafisico incontrai la Madonna, era posizionata esattamente sopra una statua, la sua rappresentazione, ed era luminosa e delicata, vestita di una tunica azzurra e impalpabile. Credevo di aver già visto quella statua vicino a casa mia, ma sinceramente non rammentavo dove fosse e se esistesse ancora. Ad ogni modo cercai di concentrarmi e ascoltare le sue parole: “L’amore è vicino, l’amore è qua”.
Cosa volesse dire la sua affermazione non era facile da comprendere, poteva dire tutto o il contrario di tutto. Cercai di non farci caso e prosegui nel sonno.
La mattina durante la colazione chiesi a mia madre se dalle nostre parti fosse presente una statua della Madonna.
Mia madre mi rispose di sì, nessuno l’aveva mai spostata: “Ma come fai a non ricordarti? È posizionata dietro la casa di Felice, si vede che sei poco fedele”.
Ecco. La sera andai a curiosare. Ed eccola lì nella sua interezza, trionfante e leggiadra, che mi scrutava con pupille immobili ma gioiose, una stranezza, ma per chi ci crede è vero anche questo.
Decisi che potevo anche andare a salutarla così ogni sera, che male certamente non potesse fare, magari saltava fuori qualche consiglio, certo sempre per chi ci crede, ed io forse in quel momento ero in una fase di tormentata incertezza.
Due anni dopo, tra una delusione e l’altra decisi che forse sarebbe stato il caso di fare qualcosa che non avevo mai fatto, nulla di trascendentale, ma più che altro una scelta pratica. Oggi vado e m’iscrivo in palestra, penso a me e mi stanco a tal punto da non pensare ad altro, magari funziona.
La prima settimana di corsi mi sembra una passeggiata, mi sento soddisfatta, qualcosa di buono. Socializzo con alcune ragazze, mi sembra di aver intrapreso la strada per la serenità terrena, continuo così, ogni sera esco da lavoro e mi dirigo in sala, stessa ora, tutti i giorni, compreso sabato e domenica, poi se mi capita qualche volta, esco a cena con le amiche di vecchia data. Il centro delle mie giornate è divenuta la palestra, mi conferisce grinta e questa per ora mi basta.
Era martedì, poi giovedì e poi sabato, in ognuno di questi giorni i miei occhi indugiavano così per puro caso su un uomo, o era un ragazzo? Sembrava giovane ma maturo allo stesso tempo, credetti che avesse trentotto anni. Incredibilmente alto, biondo e con gli occhi blu, molto blu che da lontano potevano apparire neri. Un uomo all’apparenza taciturno, o perlomeno attento al suo daffare ginnico. Diciamo che si distingueva dalla massa frenetica e impomatata che girava per la sala.
M’incuriosì e iniziai a monitorarlo, verificando con attenzione chirurgica quando veniva ad allenarsi e che tipo di allenamento facesse. Ne parlai anche con mio padre, il quale mi convinse che lo avrei certamente conosciuto entro la fine del mese, baggianate, non mi pareva uno che si muovesse e poi magari era anche fidanzato, se non peggio immischiato in altre faccende. Riferì a mio padre che non avrei camminato sulle nuvole, tanto non avrebbero retto neppure il mio peso.
Ancora non ricordo quale assurda motivazione mi spinse, forse era ancora in circolo l’alcol della sera precedente? Ero andata a una festa di Halloween con una mia carissima amica.
Colta da entusiasmo e coraggio mi diressi dal nostro istruttore, un tipaccio spassoso che si comportava allo stesso modo con tutti, senza alcuna differenza, ma che conosceva alla perfezione i fatti personali di ognuno di noi, e gli chiesi: “Il ragazzo con la maglietta verde, sì esatto proprio quello, ha una compagna, che tu sappia?”.
Lui mi guardò con un sorriso a più denti e mi rispose: “Ma certo che no! Ora te lo chiamo, appuntamento in sauna fra dieci minuti, va bene, sì ok fissato, dai non perdere tempo”.
A questo punto le soluzioni rimaste erano due: o scappavo a casa o andavo in sauna, sperando di non prendere una cantonata o rischiare una figuraccia; comunque la tattica era di entrare, vedere se ci fosse, restare cinque minuti e poi andarmene di corsa.
Apro la porta, un caldo assurdo mi colpisce, tempo di sedermi ed entra lo sconosciuto alto.
Ci sediamo, sguardi indifferenti. Ci presentiamo.
La sua voce mi fa sorridere, è cupa e buffa insieme, all’inizio mi viene da pensare che sia una persona strana, fa tuttavia molta tenerezza, sicuramente è dolce, non mi posso sbagliare.
Butto lì una domanda, così sempre a caso come quando lo vidi il primo giorno…
“Allora da dove vieni?” E lui: “Vengo da Groppello, anzi abito a Groppello da quando sono nato”.
Ed io: “Ho capito bene? Noi abbiamo sempre vissuto nello stesso paese a ottocento metri di distanza? Ma com’è che io non ti ho mai visto?”.
Inspiegabilmente vicini prima, felicemente sposati adesso.